Vi presento Toni Erdmann, un alter ego che gioca con le maschere dell’esistenza.
Immagina di essere a un passo dai quaranta, di importi aspetto e modi da virago per renderti credibile sul lavoro, di trovare poco divertenti le frecciatine sessiste dei colleghi maschi – “Non sono una femminista o non tollererei uomini come te” – di avere distratte frequentazioni amorose e di dividerti tra colleghi e superiori su cui fare colpo durante asettiche riunioni aziendali.
Ecco, immagina tutto questo e i quaranta che, in procinto di arrivare, implicano una personalità e un carattere già formati e poco disposti al cambiamento, specie se repentino, e forse, come alla sottoscritta, non ti sarà così semplice credere fino in fondo alla buona fede della commedia tedesca Vi presento Toni Erdmann.
Beninteso, niente da dire sull’efficacia comica, a tratti grottesca, del lungometraggio di Maren Ade (Orso d’argento a Berlino nel 2009 per Everyone Else). Risulta invece un po’ meno scontato credere fino in fondo al racconto del complesso rapporto padre/figlia.
Molto applaudito all’ultimo Festival di Cannes e ai recenti Oscar in lizza tra i migliori film in lingua straniera, il film racconta con piglio divertito le difficoltà di comunicazione e la diversità nel vivere le emozioni di un padre ingombrante (Peter Simonischek) e una figlia carrierista (Sandra Hüller) e allo stesso tempo prova a fare l’analisi (e la morale?) alla società capitalista.
Lui e lei
Ines e Winfried sono diversi, ma che più diversi non si può: lei, manager dura e pura, in trasferta a Bucarest per concludere un complicato accordo per conto della sua compagnia, ha poco spazio per gli affetti. Lui, insegnante di musica senza studenti, è anarchico, sregolato e burlone. Ines lo scoprirà presto.
L’idea è vecchia ma la resa divertente, a tratti grottesca. Nel suo tailleur scuro, algida e di poche parole lei, divertente ed espansivo lui, i due si frequentano saltuariamente ma a Winfried – e lo scopriamo subito – questo evidentemente non va bene e così decide di entrare senza invito nella vita austera della figlia, portando avanti la sua missione: liberare le sue emozioni.
In che modo? Irrompendo nel grigio quotidiano di Ines con il suo brillante alter ego Toni Erdmann. Con tanto di parrucca e denti finti, la segue passo passo in ufficio, ai summit aziendali, nel suo nido da single provando a scalfire la corazza di Ines con il suo spirito goliardico.
Una lunga storia
Un po’ semplicistico nel raccontare l’approdo del ritrovato rapporto padre-figlia, il film brilla e sorprende soprattutto per la precisione narrativa con cui descrive il vuoto esistenziale dei giorni nostri a cui è fin troppo facile abituarsi aiutati (?) dalla tecnologia.
Alcuni momenti poi sono puro divertimento, come la scena in cui una Ines oramai “liberata” accoglie senza vestiti un invitato al party di compleanno come in una commedia surreale con Peter Sellers.
C’è una grande direzione degli interpreti, quella sì, ma anche un po’ di noia, perché tre ore per un racconto che lascia subito intravedere come andrà a finire sono troppe. Anche per un film che porta in dote la travolgente presenza dell’attore austriaco Peter Simonischek, papà con denti finti e parruccone che mettendosi una maschera aiuta la figlia a togliersi la sua.
Fosse davvero così semplice, chi non gli aprirebbe la porta?
Francesca Paciulli
Voto: 2.5/5
A me le quasi tre ore (durata sicuramente anomala per una commedia) ti dirò che mi son passate!
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Probabilmente, nel mio caso, tre ore mi sono sembrate una eternità quando ho iniziato a non credere più alla storia e alla facilità con cui Ines “rinsavisce”. Per la prima ora e mezza però mi sono divertita anche io.
– Francesca P.
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