Moonlight: stregati dalla luce della luna.
In Moonlight Black Boys Look Blue, recita il titolo dell’opera teatrale di Tarell Alvin McCraney che ha ispirato Moonlight: un cono di luce, un cerchio nell’ombra che si schiude e torna là dove si era aperto. Inaspettatamente.
Sarà una voce fuori dal coro quella che addita il film di Barry Jenkins come una splendida sorpresa, capace di superare quelle stesse apparenze su cui ha già puntato la campagna pubblicitaria e punterà molto probabilmente anche la Academy.
Il rischio è che fra le sue 8 candidature – non tutte guadagnate con il medesimo livello di merito – si dia per scontata la più importante: quella a miglior sceneggiatura. Non originale, come abbiamo detto, ma chi l’ha fatta propria, e cioè il regista, è stato in grado di tirarne fuori un piccolo e fulgido romanzo di formazione.
Le età di Chiron
Sfogliando le prime pagine della vita di Chiron (Alex Hibbert), chiamato Little (Piccolo) dagli amici, la sensazione è quella di avere fra le mani un incipit poco convincente che viaggia e rimane in superficie, come nel dialogo col pur bravissimo (ma altrettanto sacrificato) Mahershala Ali.
Sembra allora che Moonlight voglia testare la sincerità della passione del lettore/spettatore spingendolo a guardare e leggere fino in fondo per capire l’insieme, procedimento qui più necessario e obbligato che in altri casi.
Tutto sta nel comprendere chi sotto il sole di questa Miami cinica e violenta, equamente divisa fra chi vende la droga e chi la usa, sia davvero protagonista: gli afroamericani? La miseria? Una madre deviata (Naomie Harris, classico esempio di casting sbagliato)? Oppure ci troviamo di fronte a una storia sull’amore per sé e per gli altri – come l’avrebbe definito Italo Calvino – e nessuno ha voluto dircelo per non guastarci lo stupore?
Il blu è un colore caldo
Se ritorna alla mente la splendida parabola di Vita di Adele, dove il blu assumeva in sé tutte le sfumature e il calore dei sentimenti, non è un caso: se ne parla anche qui, con tutta l’eleganza di chi sa essere sottile.
La storia in tre tempi di Chiron racconta di accettazione con la stessa pacata grazia che si userebbe nello spogliare qualcuno che si ama.
Non parliamo di lentezza, no: è la calma la definizione più calzante per Moonlight e la regia vellutata di Jenkins. Sogni opalescenti, immagini ipnotiche e colori fluo (grazie a James Laxton) ne possono solo riavvolgere momentaneamente il nastro, ma il suo andare in avanti è implacabile quasi quanto la rabbia esplosa nel petto del protagonista.
Perché Jenkins vuole prendersi il tempo necessario per chiudere il cerchio di Moonlight, rubarne i raggi e spargerli su Chiron (che poi sarà Ashton Sanders e alla fine Trevante Rhodes) e sull’amore della sua vita.
E se la vita sa essere simile a una stanza vuota, da riempire, arredare e decorare fino a diventare di qualcuno, allora Moonlight può avere il senso di un silenzioso ritorno a casa, a ciò che si è sempre stati ma che la mancanza di cuore impediva di accogliere: quel ragazzino dipinto di blu dalla luna e dal sorriso del suo adorato Kevin.
Francesca Fichera
Voto: 4/5
Dal punto di vista tecnico l’ho trovato ben fatto, purtroppo secondo me un contro di questo film é il ritmo che ho trovato lento; al di là di questo ne sono rimasto soddisfatto :)
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Credo sia una questione di sensazione molto personale, a me il ritmo di questo film è parso funzionale alla delicatezza del racconto e dei suoi temi. Comunque mi fa tanto piacere che tu abbia apprezzato, è un buonissimo film al di là degli apparenti luoghi comuni che sembrano averlo reso un candidato perfetto agli Oscar :)
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Grazie per la risposta, sono convinto che non potesse avere un ritmo piú dinamico perché non avrebbe giovato alla storia, motivo per cui la lentezza da me avvertita la ritenevo un piccolo appunto. Tutto il resto mi é piaciuto sopratutto perché si é dimostrato piú profondo di quello che mi ha faceva presumere l’incipit di questo lungometraggio :)
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Appunto più che legittimo ;)
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un film che diffonde umanità in ogni sequenza
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Proprio così.
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