Indivisibili: un dramma fiabesco e surreale.
Presentato nelle Giornate degli Autori all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, Indivisibili di Edoardo De Angelis meritava, a detta di molti, la vetrina del concorso.
Ed è in effetti un film abbastanza anomalo nel panorama italiano, coerente con nuova ondata di registi di cui Venezia si è fatta, in un certo senso, promotrice, sostenendo lavori come Liberami, Il più grande sogno e il bistrattato Piuma.
La storia
Indivisibili è la storia di due gemelle siamesi, Viola e Davis, attaccate al livello dell’anca e costrette ad una vita in simbiosi. A Castel Volturno, dove vivono, sono delle celebrità.
I genitori, un padre con il vizio del gioco d’azzardo e una madre alcolista, le sfruttano facendole esibire a pagamento durante battesimi, cresime e matrimoni, poiché il loro handicap è visto come un portafortuna.
Un po’ alla stregua di un moderno Marco Ferreri, che De Angelis cita esplicitamente all’interno del film, Indivisibili sembra una versione sentimentale de La Donna Scimmia.
Non si dà mai spettacolo in modo morboso della particolarità delle due protagoniste. Ci si concentra, al contrario, su dettagli più leggeri, come la condivisione del piacere, che vediamo e capiamo senza necessità di spiegazione nell’efficacissimo piano sequenza che dà inizio al film.
Doppia emozione
De Angelis e lo sceneggiatore Nicola Guaglianone sono interessati principalmente alla psicologia delle due sorelle siamesi. Al loro obbligo di dover sempre ragionare per due e di non poter mai dire, di fatto, la parola “io”.
Il fatto di non poter mai avere un momento privato con una terza persona. Il fatto di non avere, in assoluto, alcuna possibilità di stare soli.
Marianna e Angela Fontana, gemelle nella vita, sono semplicemente incredibili per come riescono a mettere in scena in maniera realistica una condizione così rara e fuori dall’ordinario.
Non si pensa mai che ci sia un trucco dietro alla loro interpretazione. Ci si crede e basta. E ci si emoziona non poco.
A De Angelis interessa creare un universo tutto suo, in cui la decadenza del contesto e dei suoi personaggi faccia contrasto con la purezza e l’incredibile bellezza delle sue protagoniste.
Una fiaba del Sud
La sua è una Castel Volturno surreale, quasi fiabesca. E ricorda molto il bellissimo Reality di Matteo Garrone proprio per il suo approccio visionario e sognante.
Le musiche di Enzo Avitabile, poi, sono la ciliegina sulla torta di un film che si appoggia tantissimo sulle canzoni, molte quelle cantate dalle due sorelle, per parlare un linguaggio popolare e alla portata di tutti.
E proprio sulle note di Tutt’egual song’ ‘e criature si chiude questo film unico e, per moltissime ragioni, indimenticabile.