Austerlitz (Sergei Loznitsa, 2016)

Austerlitz, ovvero Auschwitz come parco di divertimenti – di Victor Musetti 

Presentato fuori concorso a Venezia, Austerlitz il nuovo documentario di Sergei Loznitsa, autore di In the Fog e Maidan, ha l’ambizione di fotografare ed offrire uno spunto di riflessione sul business delle gite turistiche ad Auschwitz.

Se c’è una cosa fuori da ogni dubbio è il fatto che Loznitsa abbia tirato fuori un soggetto potentissimo, un’idea che poteva essere la fotografia di un’epoca e del nostro modo di rapportarci con la storia.

Il problema è che Loznitsa non va oltre l’idea di partenza, non la lavora, non approfondisce il materiale che raccoglie. Tutto quello che fa è limitarsi a piazzare la macchina da presa in punti strategici, studiando accuratamente le inquadrature secondo un criterio estetico molto elaborato.

Il suo punto di vista però è evidente sin dalla prima scena, poiché il solo lavoro che viene effettuato sulle inquadrature è quello dell’aggiunta di alcuni effetti sonori, come risate, musiche provenienti da radioline, scatti di macchine fotografiche e rumori di tasti dei telefoni cellulari.

Il solo obiettivo di Loznitsa è di ridicolizzare indiscriminatamente un’intera massa di persone in visita ad Auschwitz per il solo fatto di essere sé stesse.

Certo, c’è qualche momento in cui Austerlitz effettivamente fotografa alcune realtà estremamente evocative. Ci sono persone che si fanno selfie di fronte ai forni crematori, uno che si mette in posa di fronte ai pali a cui appendevano gli internati simulando la posizione della tortura.

Ma se altri documentaristi dalla semplice osservazione avrebbero  cercato un’indagine più profonda e mirata, così da evidenziare maggiormente le complessità e le contraddizioni del cosiddetto business del dolore, Loznitsa da’ per scontato che lo spettatore veda quello che vede lui.

E se effettivamente una guida turistica che si rivolge al proprio gruppo dicendo “Adesso entreremo nella parte più oscura del nostro percorso, quella che riguarda gli stermini” possa risultare estremamente controversa, il solo fatto di mostrarla è un po’ come voler denunciare qualcosa senza però metterci veramente la faccia. Senza, insomma, prendere una posizione chiara davvero.

Sarebbe bastato dare la parola a qualcuna delle persone filmate per dare un minimo di spessore alla sua indagine. Così com’è invece Austerlitz resta un’idea abbozzata, un lavoro svogliato e lasciato grezzo, in attesa che qualcuno la riprenda per farne qualcosa di meglio.

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