School of Rock - CineFatti

School of Rock (Richard Linklater, 2003)

Due note su School of Rock – di Francesca Fichera.

Lo aspettiamo al varco con Tutti vogliono qualcosa, perché Richard Linklater ci piace molto, anche grazie a film come School of Rock. Pellicola ormai di culto, che si diverte a citare e reinterpretare i grandi classici del rock’n’roll, è una delle tante prove esistenti dell’estrema versatilità del regista di Boyhood, capace di spaziare dal genere romantico – la famosa trilogia con Ethan Hawke e Julie Delpy – al drammatico, passando per le incursioni nella fantascienza dickiana di A Scanner Darkly.

Ma la cifra sperimentale non sembra essere il principale punto di forza di School of Rock, film che si muove lungo il solco delle commedie più tradizionali, fatte di equivoci, sensi di colpa, scene di perdono e lieti finali. Mike White, anche attore, scrive il soggetto, e il bravissimo Jack Black ne diventa il fulcro – pulsante, esplosivo – assieme alla sua classe di bambini-prodigio. Un modello di musicista fallito e professore (riuscito) per caso che sa offrire, quasi involontariamente, anche un prezioso suggerimento per il futuro: realizzare una scuola dove ciascuna particolarità possa trovare il suo posto, essere messa a frutto, fare squadra. Curando dal mondo, là dove la vita lo richiede, per preparare ad abitarlo con entusiasmo.

E School of Rock, fra un titolo di testa e uno di coda all’insegna del puro e delizioso meta-cinema, è una commedia che cura davvero. Fa sorridere, venir voglia di ballare, sulle note di un “glorioso passato” pronto a rinnovarsi in tutte le orecchie che saranno disposte ad ascoltarlo. Con quel pizzico di nostalgia, tra un assolo di Jimi Hendrix e una canzone di Stevie Nicks passata al juke-box, che si trasforma in glitter, parrucche e abiti kitsch. E sa cantare con la voce della giovinezza.

 

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