Love and Mercy - CineFatti

Love & Mercy (Bill Pohlad, 2014)

Paul Dano e John Cusack sono il beach boy Brian Wilson nel biopic Love and Mercy di Fausto Vernazzani.

Il biopic musicale non morirà mai: solo nel 2016 ci aspettano Miles Davis (Don Cheadle), Chet Baker (Ethan Hawke), Hank Williams (Tom Hiddleston) e Nina Simone (Zoé Saldaña) e chissà quanti altri che non sono stati captati dai radar principali. Intanto, dal passato recente rispunta in Italia uno dei più chiacchierati del 2015 – anche se prodotto nel 2014 -, un film che alcune riviste davano come papabile candidato agli Oscar per uno dei suoi due attori protagonisti. Parliamo di Love and Mercy, la storia di Brian Wilson.

Dirige Bill Pohlad, produttore veterano e regista esordiente, dividendo la vita del numero uno dei Beach Boys tra passato e l’illusione del presente: con Paul Dano i mesi attorno alla produzione e all’uscita del loro album più famoso, nonostante lo scarso successo, Pet Sounds,  e con John Cusack gli ultimi tempi passati sotto il tirannico controllo dello psicoterapeuta Eugene Landy (Paul Giamatti), quando incontrò la sua futura seconda e attuale moglie Melinda (Elizabeth Banks). Due tempi ben equilibrati.

La suddivisione non è solo però nel montaggio che presenta l’avvio dei suoi problemi mentali fianco a fianco con la risoluzione data dalla libertà ottenuta dal Dr. Landy – un Giamatti che ci siamo stancati di vedere in parrucche fintissime -, è anche tra un ideale primo e secondo tempo. Nei primi 60 minuti Love and Mercy riesce a raccontare l’opera musicale e l’ispirazione di Wilson senza eccessi e sensazionalismi commoventi, con un Dano magico e avvolgente come suo solito, nella seconda metà tutto crolla nei consueti cliché.

Il genere biografico è difficile, si rischia di produrre un’opera apologetica o di voler a tutti i costi trasformare chiunque in un eroe o un genio di qualsivoglia tipo. Sembrava che Love and Mercy avesse capito come bilanciare la doppia natura di un biopic – così come ci sono riusciti Sorkin e Boyle con Steve Jobs – eppure proprio sul più bello casca faccia a terra, lasciandoci a sguazzare nella love story tra Brian e Melinda, mettendo gli aspetti più interessanti legati al giovane Brian sempre più in secondo piano.

Così con qualche immagine indovinata e alcune sequenze abbastanza inguardabili – persino con pessime introduzioni di personaggi importanti per la risoluzione del film come la domestica Gloria – la magia di Pet Sounds e le vibrazioni di Smiley Smile si perde poco alla volta. Tuttavia siamo sempre un pelo sopra la media del consueto biografico – tra i recenti ricordiamo il mediocre Trumbo. Pohlad è desideroso di far risaltare la propria mano di regista senza cedere tutti i meriti a un ottimo duo di protagonisti.

L’ago della bilancia pende certamente verso Dano, Cusack brilla di luce riflessa, e ci dà conferma di tutte quelle voci che lo desideravano sul palco del Dolby Theatre quanto meno per applaudire un altro vincitore della tanto ambita statuetta. Il resto del cast, molti davvero così in secondo piano da essere a malapena meritevoli di una menzione, non per colpe attribuibili a loro, consegna il suo compito senza guizzi creativi o scene importanti. Solo di Giamatti si può dire qualcosa di male: in Ironclad sì che fu un gran villain.

In ogni caso Love and Mercy vale il prezzo del biglietto, se non altro per quella prima metà, da non dimenticare sotto il peso degli errori della seconda, per godersi in un cinema la musica di Pet Sounds e una Good Vibrations lanciata lì con una minuscola scena a spiegarne le origini. Consigliato agli appassionati che vorranno di certo vedere un colosso come Brian Wilson riprendersi una fetta della sua meritata fama. Ora può anche dire di essere stato interpretato da uno dei migliori giovani attori in circolazione, Paul Dano.

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