Revenant - Redivivo - CineFatti

The Revenant / Redivivo (Alejandro G. Iñárritu, 2015)

Revenant: rinascere dai sogni.

Cosa aggiungere a ciò che si è già detto di Revenant? Film dominato e trainato dalla presenza di Leonardo DiCaprio – già vincitore del Golden Globe e favorito ai prossimi Oscar, barzellette a parte; secondo lavoro di Alejandro G. Iñárritu, dopo Birdman, letteralmente incensato da critica e pubblico; ennesima opera per il cinema con l’etichetta del “o si ama o si odia” appiccicata addosso.

E invece no.

La disperata storia di Hugh Glass, cacciatore vissuto a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo e sopravvissuto all’attacco di un grizzly, adattata per lo schermo da Iñárritu a partire dall’omonimo testo di Michael Punke (2003), è sia meno che più di quel che appare.

È meno perché ha i modi e le dimensioni di un kolossal, genere a cui lo stile del regista messicano poteva certo ambire ma non era detto né necessario che si adattasse; e vi collabora lo script, steso a quattro mani con Mark L. Smith, disseminato di frasi ad effetto e tempi teatrali ed enfatici davanti ai quali impallidisce perfino l’abbondanza di citazioni carveriane dello scorso film – e Revenant non a caso perde anche e soprattutto nel ritmo, sfiancato dalla ripetitività e da una sorta di ossessione a voler superare la soglia dell’umano radicata tanto nella trama quanto nella stessa, maniacale volontà di realizzarne una versione cinematografica idealmente perfetta.

Ma, del resto, è proprio  da qui che questo “mostro” avido di statuette della Academy trae il grosso della sua linfa vitale: l’immediatamente visibile, che sta prima di tutto nell’impostazione fotografica a cura di Emmanuel “Chivo” Lubezki, selvaggia e sconfinata proprio come la natura con la quale il revenant protagonista deve confrontarsi, e di una bellezza e perfezione ben al di là di qualsiasi riconoscimento materiale. Chi invece quest’ultimo ha finalmente il diritto inconfutabile di riceverlo è DiCaprio, ma non per le ragioni su cui, con ogni probabilità, la Academy baserà il proprio verdetto: la prova fisica dell’attore non si limita allo sforzo e al sacrificio, bensì a una totale immersione nel coacervo di dolore e rabbia del personaggio centrale, restituiti fra grugni, grida e lacrime e, cosa assi più difficile, attraverso sguardi in primo piano (anche rivolti all’obbiettivo) che fanno le veci del parlato.

Ed è da ritenersi pregio quello che qualcuno ha individuato come difetto, ossia l’interruzione dell’impetuosa corrente realistica del racconto principale compiuta dagli inserti onirici, dove si dispiega la straniante, sconcertante e finanche ieratica potenza della colonna musicale composta da Ry?ichi Sakamoto ed Alva Noto. Quel più che, assieme al ritrovamento dell’antica cifra stilistica di Iñárritu – la spiritualità del linguaggio del sogno  e con il supporto di una buona sinergia degli interpreti, anche secondari (dal comunque sopravvalutato Tom Hardy al giovane e intenso Will Poulter), fa di Revenant un romanzo cinematografico da leggere. Senza, però, considerarlo a priori un classico.

Francesca Fichera

4 pensieri su “The Revenant / Redivivo (Alejandro G. Iñárritu, 2015)

  1. Bella recensione! Ribadisco che DiCaprio è bravissimo, in Revenat come in altri film, credo sia stato “derubato” della statuetta almeno 3 volte.
    Spero per lui che quest’anno ce la faccia, anche perchè non ha molta concorrenza (a parte forse Fassbender, bravissimo in Steve Jobs), ma nonostante tutto questo io continuo a dire che considero DiCaprio bravissimo, ma non mi è mai piaciuto fino in fondo. Forse sarà il suo viso, troppo perfetto, forse il fatto che troppo spesso appare sopra le righe…non saprei.
    Revenant è un film che di per sè non aggiunge molto al già visto, intendo come storia. Ma quelle inquadrature, quei piani sequenza, i colori, e la colonna sonora lo rendono unico. E’ un film che rimarrà nella storia, e verrà citato come uno dei film più belli.

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    1. Grazie, Simona :) La penso proprio come te sul fatto che Revenant non aggiunga niente di che al già visto, eccezion fatta (ovviamente) per la veste a dir poco spettacolare. A mio parere, però, non resterà nella storia tanto per questo, quanto per il fenomeno che ha a suo modo rinnovato: DiCaprio come ‘nuovo divo’, in un’epoca in cui il divismo per forza di cose è cambiato (se non morto), che attira al cinema qualsiasi tipo di spettatore, dall’appassionato al meno esperto. Di sicuro lui e Redmayne quest’anno si giocano la statuetta a discapito del povero Fassbender che, come dici tu, ha regalato un’ottima versione di Jobs per il grande schermo. Sappiamo cosa preme alla Academy, no? Le performance estreme, fra urla, nudità, lacrime, scene di sesso esplicito… Cose che non mancano, in diversa misura, ai due contendenti principali. Vedremo chi la spunterà.

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