di Fausto Vernazzani.
Diciamocelo, Sopravvissuto The Martian un po in sordina è riuscito piano piano a diventare il blockbuster della stagione nonostante gli ultimi due film di Ridley Scott, The Counselor ed Exodus: Gods and Kings, non avessero affatto riscontrato un gran successo al botteghino. Bisogna essere sinceri, un titano come Scott non lo abbatti nemmeno con i Terminator di Cameron, e questa potrebbe essere la volta buona per farlo tornare tra le grazie di ogni singolo spettatore. The Martian è un film dai tanti pregi e diversi difetti -, tra i quali spicca senzaltro il coraggio.
Partiamo dalla sua storia: siamo un paio di decenni nel futuro, la NASA ha conquistato Marte e oggi ci troviamo sul suo suolo insieme alla squadra di Ares III, la terza spedizione (di cinque che saranno), in santa pace finché una violenta tempesta di sabbia non li costringe ad abortire la missione. Nella corsa verso il veicolo MAV, lastronauta Mark Watney è colpito dallantenna dellhabitat, gettato lontano dagli occhi dei suoi compagni e presto dato per morto. Troppo tardi si risveglierà, solo e senza poter comunicare con la Terra, a cercare col suo ottimismo di sopravvivere in attesa dei soccorsi.
Cosa succederebbe a un astronauta se rimanesse solo su Marte? Cè chi lo definisce Cast Away su Marte, chi Robinson Crusoe su Marte, ma Weir preferisce il paragone con McGyver perché lintera vicenda ruota attorno alle enormi capacità tecnico-scientifiche di Watney che lo porteranno a continuare a respirare: sua unica chance, infatti, è attendere lAres IV che atterrerà a 3200km tra 4 anni. Le cose cambieranno strada facendo e così come nel libro di Andy Weir, di cui il film è una fedelissima riproduzione, Scott ci ospita su tre livelli: Marte, Terra col team NASA, e spazio, a bordo dellHermes.
Letta così lavventura di Mark Watney, un Matt Damon talmente gioviale e simpatico da essere impossibile da odiare, sembra una carta vincente: il cliché del super-americano impavido che non conosce il significato della parola arrendersi. Vero, in gran parte, ma The Martian è anche un film coraggioso, gettatosi nel tentativo di dar spazio nella settima arte alla pericolosa hard science-fiction, ovvero quel sottogenere della fantascienza in cui la parte scientifica assume un valore predominante, talvolta scendendo in dettagli tecnici non alla portata di tutti.
The Martian è hard sci-fi – in piccolo, c’è da riconoscerlo, ma più di altri titoli ambientati nel presente come Gravity – ricolmo di terminologia scientifica, dove innumerevoli paroloni volano come se niente fosse. Un genere simile al cinema si confronta col pubblico generalista, con tempi brevi castranti, senza chance di fermarsi a spiegare alcunché, ma in questo caso, nonostante tutto, il messaggio arriva lo stesso. Insieme ad esso la curiosità, del resto The Martian altro non è che un megaspot per la NASA e il programma spaziale (ben venga!), e lagenzia è più che felice di offrire dettagli sulle proprie piattaforme.
Incalzante, avvincente, realistico come non mai, ma non senza difetti. Bidimensionali i personaggi ad esempio, senza spessore e personalità se non fosse per il mestiere che li distingue (botanico, chimico, dottore, sembra di essere in Stalker) e per i volti riconoscibili, divisi in due gruppi netti: a bordo dell’astronave Hermes abbiamo Jessica Chastain nel ruolo della comandante e in seguito in fila Kate Mara, Sebastian Stan, Aksel Hennie e Michael Pena, mentre sulla Terra la squadra della NASA è guidata da Jeff Daniels e Chiwetel Ejiofor, insieme a Kristen Wiig, Sean Bean e Benedict Wong.
Un super cast, sì, ma se calcoliamo i minuti, in realtà ognuno di loro appare per molto poco. Altro difetto è, purtroppo, nella regia: Ridley Scott i tempi comici non ha la benché minima idea di come gestirli e talvolta i gag spuntano su una superficie così piatta da scivolar via senza che lo spettatore li possa notare. Perdonabili nellordine generale, ma dimostra come buona parte del merito non va affatto a Scott, per quanto bene possiamo volergli, ma allo sceneggiatore Drew Goddard (Quella casa nel bosco e la wonder-series Netflix Daredevil), abile nel trasmettere la sensazione davventura. Perché, che la gente lo voglia o no, la fantascienza è in larga parte avventura e qui, signori miei, bisogna ammettere che ce n’è tanta.
l’ho visto ieri, trascinata dal mio compagno pazzo per la fatascienza. ho il brutto difetto di soffrire di narcolessia da poltrona, però ieri non mi sono addormentata. merito dei pop corn caldi? ;)
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Il compagno ha gusti belli, quindi tanta stima per lui e per chi lo accompagna :D diciamo che col ritmo serrato e la palla che passa da una parte all’altra qui era difficile addormentarsi :P poi i pop corn caldi fanno sempre la loro parte, sono il caffè del cinema!
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