Cobain: Montage of Heck (Brett Morgen, 2015)

Cobain: Montage of Heck non lascia in pace il morto

Cosa può esserci di veramente nuovo oggi in un ennesimo film documentario sulla vita di Kurt Cobain, idolo e icona di una generazione?

Brett Morgen di certo non ha avuto paura di far la figura dello sciacallo, anche perché con l’appoggio della figlia Frances Cobain e una produzione HBO alle spalle di questioni etiche è anche inutile starne a parlare.

Viene comunque da chiedersi se queste 200 ore di materiale audio inedito messe a disposizione insieme all’accesso illimitato ai suoi diari dalla stessa Cobain dovessero veramente venire alla luce piuttosto che rimanere in un cassetto al riparo dai riflettori da cui Kurt aveva cercato in tutti i modi di sottrarre la propria vita privata.

Intimamente Kurt

Montage of Heck ha l’ambizione di essere niente meno che il racconto di Kurt Cobain più intimo che sia mai stato fatto.

Si parla infatti molto della sua infanzia, della sua adolescenza e formazione, delle sue prime esperienze, del suo avvicinamento alle droghe leggere come evasione dalla terribile realtà che lo circondava. Si parla insomma di quanto Kurt Cobain abbia vissuto una vita da totale alieno, estraneo al mondo e al tempo stesso profondamente bisognoso di mettersi in comunicazione con esso, attraverso la rabbia e la frustrazione di chi sente di dover infrangere delle barriere invalicabili.

Una condizione, la sua, che è rimasta tale, se non si è addirittura amplificata esponenzialmente, anche nel momento di maggior successo.

Un’anima invadente

La possibilità di utilizzare in alcuni frangenti la voce narrante dello stesso Kurt, unita all’idea di accompagnarci delle sequenze in animazione, risulta particolarmente vincente dal punto di vista filmico, tanto che si fatica spesso a credere che sia stato possibile crearvi sopra una narrazione così coesa.

A prendere vita sono anche tutti i suoi appunti, le sue annotazioni e i suoi scarabocchi che, grazie al montaggio schizofrenico e a ritmo di musica, permettono di avere un quadro estremamente diretto e realistico di ciò che avveniva nella sua testa.

Il risultato è che Montage of Heck, nel suo voler essere un’opera profondamente introspettiva, finisce per essere troppo spesso quasi invadente nel dare voce in modo così diretto a pensieri che di base erano stati scritti per rimanere privati.

Assenze e presenze

Brett Morgen, come in una corsa a ostacoli, cerca in tutti i modi di non passare per il sentiero del già visto dando moltissime cose per scontate e concentrandosi principalmente sul lato umano ed emotivo di Cobain.

Tra le maggiori novità stupiscono alcune interviste ai suoi genitori e, soprattutto, alla storica ex ragazza che per alcuni anni lo ha mantenuto nel suo appartamento dandogli lo spazio per porre le basi del suo universo musicale.

Nessuno spazio viene dato invece all’amicizia tra Kurt e gli altri membri dei Nirvana Krist Novoselic (presente come testimonianza in veste di “amico”) e Dave Grohl, grande e ingiustificato assente del film. Questo perché si preferisce concentrarsi (e in questo Morgen fallisce nel suo voler percorrere una strada veramente alternativa) sulla vera protagonista del film: Courtney Love.

Non sbattere il mostro in prima pagina

Personaggio controverso, egocentrico, ridondante e fuori misura, la moglie di Kurt Cobain ha negli anni attirato sempre di più verso di sé l’odio dei fan del cantante a causa di alcuni sospetti coinvolgimenti che avrebbe avuto nella sua morte.

Morgen decide sapientemente di non affrontare l’argomento concentrandosi su ciò che ha a disposizione, ovvero filmati che ritraggono i due coniugi in stato di evidente alterazione da sostanze stupefacenti mentre giocano con la bambina di pochissimi anni. Documenti toccanti, disturbanti e, ancora una volta invadenti, voyeuristici e probabilmente non necessari, ad oggi, per aggiungere qualcosa alla storia di un uomo la cui vita (e morte) è stata sbattuta in prima pagina costantemente nell’arco degli ultimi vent’anni.

Cosa può fare quindi un (buon) film come questo, oggi, a parte un sacco di soldi alle persone che vi hanno partecipato? È puro intrattenimento, ma forse prima o poi una piccola questione etica sarà il caso di porsela.

Victor Musetti

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