Larry ”Doc” Sportello è una persona semplice, di quelle che appena le incontri ti sembra di conoscerle da una vita. Sono sufficienti una scena e una voce narrante per raccontarci la sua vita, tanto basta a farci stringere la mano con l’uomo che seguiremo per i 140 minuti di Vizio di forma.
Un amore appassionato per le droghe leggere – sono i 70s! – e un lavoro saltuario come detective privato dove una vecchia fiamma di nome Shasta piomba nel noioso e notturno presente per offrirgli un rompicapo da risolvere.
L’intreccio da sbrogliare
Sloane Wolfmann, la moglie del suo amante, il filo-nazista magnate dell’immobiliare Mickey Wolfmann, ha un piano per rinchiuderlo in un manicomio e riscattare il suo patrimonio. Per questo chiede l’aiuto di lei, per niente incline all’accordo, e del proprio amante, Riggs Warbling.
Il giorno dopo arriva Tariq Khalil, afro-americano, in rapporti d’affari con Glenn Charlok, membro dei biker nazisti affiliati a Wolfmann, e vuole un sostegno per mantenere gli accordi. Ma Glenn è ucciso, da chi non si sa, eppure la “massaggiatrice” Jade sembra saperne qualcosa.
Sospetti? Secondo Christian Bjornsen, detto Bigfoot, potrebbe essere il nostro Doc, per lui invece i responsabili potrebbero avere a che fare con la Golden Fang, nave leggendaria a quanto racconta Sauncho Smilax e… basta. Immagino abbiate capito quei 140 minuti sono densissimi e quella appena descritta è solo una parte di Vizio di forma.

Quel genio di PTA
Paul Thomas Anderson è un genio: adatta da solo Thomas Pynchon, da molti considerato intraducibile per il cinema e potrete immaginare perché. Condensa all’interno di poco tempo una storia trasponibile semmai in una miniserie di dieci puntate per volerla rendere comprensibile.
La trama intricata si scontra col semplice Larry Sportello, un veicolo solitario per raccontare altre storie e diversi personaggi: Vizio di forma è un’evoluzione della struttura di The Master, dove il contorno narrativo fingeva di aver rilevanza per i personaggi rappresentati.

Gli anni Settanta? Una nota di colore, uno schiaffo politico. Le agenzie governative, le forze dell’ordine, sono tutte contro il popolo che dovrebbe servire, quello che protesta contro la guerra: urtano contro la gente, la buttano per terra, abbattono le porte senza alcun rimorso.
È come vedere Cobra con Stallone senza il desiderio di proteggere il prossimo. Riga dopo riga, Vizio si legge per scoprire lentamente le storie di Coy Harlingen/Owen Wilson e Bigfoot, per cui è impossibile non provare una certa forma di empatia sul finale, anche grazie alla stupefacente interpretazione di Josh Brolin, alla pari con Phoenix.
Il vizio della politica
Anderson nasconde un messaggio segreto tra le lunghe gambe di Katherine Waterstone/Shasta, la nebbia del porto, lo sguardo tra i vicoli e gli scenari surreali illuminati da Robert Elswit (un inchino) e costruiti da David Crank.

Fra una parola e l’altra si rintraccia il minuscolo particolare grazie a cui scopriamo il colpevole delle malefatte - massima espressione politica del film – e soprattutto capiamo lo sguardo di Brolin, con le sue banane al cioccolato, pancake giapponesi e la malinconia negli occhi.
Doc/Phoenix è lo spettatore neutro con cui osservare il caos umano e il disordine sociale, il suo consumo di spinelli e cocaina sono solo un divertissement. A quest’uomo poi non basterebbe un Oscar per premiarlo.
Il risultato è complicato da mandar giù, ma una volta iniziata la digestione il mondo vi sembrerà bello come un arcobaleno. È un film straordinario e nonostante questo è un gradino sotto capolavori quali The Master e Il petroliere. Ciò non toglie che Inherent Vice è sul medesimo territorio.
Fausto Vernazzani
Voto: 5/5
Sono d’accordo: un capolavoro. A me mancano, colpevolmente, sia Il petroliere che The Master ma questo mi ha conquistata totalmente. La scelta di certe inquadrature dei volti e la fotografia che li illumina, da sole, basterebbero per farmelo amare incondizionatamente. E ho già voglia di rivederlo. Non è escluso che approfitti del fine settimana per farlo.
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Merita più visioni sicuramente, un peccato che lo spaesamento della prima si perda :) consigliati tanto The Master e Il petroliere, decisamente più drammatici, ma tutti e due opere da maestro!
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