Jack Goes Boating, la prova d’autore di Philip Seymour Hoffman.
Philip Seymour Hoffman si siede per la prima volta – e purtroppo ultima – dietro la macchina da presa trasponendo in lungometraggio Jack Goes Boating, una pièce teatrale scritta da Robert Glaudini e interpretata sul palcoscenico più volte dallo stesso Hoffman. Philip ha capito subito che i suoi primi piani valgono tutto il prezzo del biglietto di un qualsiasi film e sfrutta a pieno la propria massiccia presenza carismatica per rappresentare l’infantilità del personaggio Jack.
Jack è un quarantenne autista di limousine impacciato, inetto, introverso, timido, infantile e molto affezionato ai suoi due unici amici Clyde (John Ortiz) e Lucy (Daphne Rubin-Vega). Un giorno Lucy incontra Connie (Amy Ryan) al negozio di pompe funebri dove lavora e prova a combinare un incontro con Jack, il quale prontamente le propone di andare in barca pur non sapendo nuotare. Così inizia ad andare in piscina e con l’aiuto dell’amico Clyde tenta di imparare a nuotare.
Il lento raggiungimento dell’obiettivo propostosi diventa un tutt’uno con la sua altrettanto lenta battaglia contro la timidezza per costruire un nuovo percorso d’amore, mentre il matrimonio tra Clyde e Lucy inizia a mettere in mostra tutte le sue complicazioni.
Jack Goes Boating non è un film deludente, ma sicuramente Hoffman avrebbe potuto dare molto di più. La trama è diventata quasi un cliché nel panorama del cinema indipendente con la coppia in via di costruzione costituita da due opposti: Jack è timido e impacciato, mentre Connie è una paranoica affetta da una enorme e costante disistima di se stessa, rappresentata in maniera evidente dalle sue istruzioni date a Jack prima di consumare il rapporto.
Hoffman tenta la strada dell’autorialità dilatando le scene in maniera estenuante ma non riuscendo nell’impresa di catturare lo spettatore. Il sospetto è che ciò accada proprio perché la storia principale è semplicissima, troppo per trucchi da maestro e, probabilmente, molto più adatta proprio per il teatro.
L’errore di Jack Goes Boating sta proprio nell’osare troppo con un soggetto che, se trattato come una normale storia romantica, senza allungare troppo i tempi di ogni singola scena, forse avrebbe avuto un risultato diverso, migliore. La sceneggiatura di Jack Goes Boating tuttavia rasenta quasi la perfezione grazie ai suoi scambi verbali che passano con intelligenza dal drammatico al comico.
Hoffman attore è perfetto, così come gli altri che lo accompagnano, avvolti nelle scene da uno stile registico teatrale che impone al cast tutto di interagire con lo spazio circostante esattamente come se si trovassero sul palco di un teatro.
Magistrale la fisicità di lui nelle scene di nuoto, innegabile la sua bravura negli impacciati dialoghi con la fidanzata, un misto tra imbarazzo e intraprendenza accentuata dalla sua voglia di prendere lezioni di cucina da un ex fidanzato di Connie allo scopo di impressionarla ai fornelli.
Fatto sta che – chissà se per manie di egocentrismo – Hoffman si concentra solo su stesso di fronte alla macchina da presa mettendo da parte la regia. Perciò Jack Goes Boating può considerarsi un film riuscito a metà, meglio di tanto cinema indipendente statunitense attuale, ma che non brilla certamente per originalità e ricercatezza. Avremmo voluto vedere Hoffman riprovarci ancora, del resto nessuno è perfetto alla prima prova, ma, purtroppo, il destino ha scelto per lui unaltra strada.
See You Soon.
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