The Wolf of Wall Street e il divertimento di quel vecchio lupo di Scorsese.
Questa volta il buon vecchio Martin Scorsese ha voluto divertirsi. Durante la visione di The Wolf of Wall Street non si può fare a meno di pensare che, dopo una carriera dedicata anima e corpo al nostro godimento, abbia voluto pensare finalmente un po’ a se stesso giocando sul set e regalandoci un biopic dall’alto tasso di comicità becera e volgare che rimanda alle produzioni di Judd Apatow. Un capolavoro di tre ore che passano in fretta come un aereo sulle nostre teste.
The Wolf of Wall Street è la storia di Jordan Belfort (Leonardo DiCaprio) un ragazzo che sogna di diventare miliardario alla fine degli anni Ottanta ed è iniziato alla vita da broker dall’eccentrico Mark Hanna (Matthew McConaughey). Riuscito a entrare a Wall Street, ne esce subito dopo a causa del Lunedì Nero. Non dandosi per vinto fonda la Stratton Oakmont e, grazie all’aiuto dell’amico Donnie Azoff (Jonah Hill) riesce ad ottenere la ricchezza e il successo voluti, con tanto di donne, alcool e droga.
Se American Hustle s’è guadagnato cinque stelle, The Wolf of Wall Street ne meriterebbe dieci: David O’Russell agli Oscar non ha alcuna possibilità di competere. Scorsese non dimentica di essere un grande regista nonostante la piega eccessiva e scorrettamente comica della pellicola. Molte delle tecniche che l’hanno reso celebre sono presenti anche in questo biopic, dalla voce narrante agli intensi primi piani studiati alla perfezione per esaltare i suoi antieroi, fino ad arrivare al montaggio incalzante e in pratica perfetto curato da Thelma Schoonmaker.
Molte saranno le scene di The Wolf of Wall Street che rimarranno nell’immaginario: una su tutte quella in cui Leonardo DiCaprio e Jonah Hill abusano delle pillole di Lemmon 714 perché leggono sulla bottiglietta che sono scadute – e infatti inizialmente non ne ricavano alcun effetto. Grazie alla bravura dei due attori l’episodio, della durata di cinque minuti circa, non vi farà smettere di ridere neanche per un secondo. E anche la scena telepatica tra Jordan Belfort e il proprietario della banca svizzera Jean Jacques Saurel (Jean Dujardin). Così come tantissime altre – ci vorrebbero pagine e pagine per elencarle tutte.
Oltre ai meriti dello sceneggiatore Terence Winter che ha adattato stupendamente l’autobiografia di Jordan Belfort, buona parte del successo di The Wolf of Wall Street va per l’appunto al memorabile cast: da DiCaprio, oramai una garanzia vera e propria, fino al sempre più sorprendente Jonah Hill, specializzato in questo tipo di ruoli eccessivi e già alla sua seconda nomination agli Oscar come Attore Non Protagonista dopo Moneyball. E poi, più di tutti, Matthew McConaughey, presente in uno spezzone così breve da assomigliare a un cammeo: quindici minuti per i quali chiameresti volentieri l’Academy per proporre la creazione di una nuova categoria, il Premio al Miglior Cameo. Sono cose che difficilmente si dimenticano.
Perché The Wolf of Wall Street è un divertissement d’autore in cui si ride e, allo stesso tempo, si riflette. Un film da cui l’immagine degli operatori in borsa esce completamente devastata (e basta leggere la recensione de Il Sole 24 Ore per capirlo) e dalla cui visione gli spettatori vengono fuori divertiti e anche un po’ cambiati. Le tre ore più belle spese al cinema.