La Disney ritorna con successo agli antichi fasti fiabeschi grazie a Frozen – di Fausto Vernazzani.
Un tempo la Disney aveva a che fare con fiabe e leggende tutti i giorni, qualche volta scendendo a patti col romanzo e portando il Gobbo di Notre Dame a osservare la sua Parigi dall’alto della Cattedrale, ma negli ultimi anni ha dovuto iniziare a far conoscenza col mondo nuovo a cui i bambini di oggi sono abituati. I bambini e quegli adulti ancora alla ricerca della magia dei Disney Animation Studios, scomparsa da tanto tempo. Per quanto ottimo potesse essere il buon Ralph Spaccatutto, la storia del videogame, originale nel panorama Disney, non era Disney fino in fondo. Anni fa qualcuno deve essere tornato tra quegli scaffali dove le tanto amate fiabe erano conservate, soffiato via la polvere e ripreso in mano un vecchio progetto ispirato a La regina delle nevi di Hans Christian Andersen (la cui Sirenetta salvò la Disney nel 1989 con una new wave eccezionale), per farne uscire fuori un cartone animato in vecchio stile: Frozen. Alla regia Chris Buck e Jennifer Lee, lui consolidato e saltuario autore, lei nuova leva con alle spalle una collaborazione alla fantastica sceneggiatura di Ralph Spaccatutto.
Frozen Il regno di ghiaccio ha ben poco da condividere con la sua sorgente, divisa in sette racconti in cui compare un po alla volta la suddetta regina, nel film ripresa dalla bella Elsa/Idina Menzel dai capelli bianchi, principessa col potere di creare il ghiaccio con le proprie mani. Potere posseduto dalla nascita, ma troppo potente per essere regolato con facilità ed Elsa viene così nascosta per tenere al sicuro la sorellina Anna/Kristen Bell, ferita da piccola a causa di un incidente. Tanti anni dopo, al momento della incoronazione, Anna ed Elsa si rincontrano, ma la rivelazione accidentale del segreto trasforma la nuova regina Elsa in un mostro di fronte agli occhi di tanti e preoccupano l’ingenua Anna, già decisa a sposare il principe Hans/Santino Fontana appena incontrato. In una corsa per salvare la sorella da se stessa, Anna scala montagne innevate e scompigliate da un inverno brutale che ha congelato lEstate, e sul cammino troverà ad aiutarla Kristoff/Jonathan Groff con la sua renna Sven e un pupazzo di neve, Olaf/Josh Gad, che ha preso vita grazie al potere di Elsa.
Howard Ashman è il nome che più di tutti è mancato, lautore di tante canzoni che han reso la Disney adatta anche agli anni che portarono alla fine del XX secolo, ma Robert Lopez e Kristen Anderson-Lopez sono riusciti ugualmente a dare a Frozen quel che gli spettava: una colonna sonora scintillante come il ghiaccio. Tra un brano e laltro, come da stile consolidato da decenni, di tanto in tanto messo da parte negli ultimi anni messa in crisi dalla superiore Pixar -, Buck e Lee non esitano a far sentire una forma di regia, presentando personaggio su personaggio con un piano sequenza celestiale al giorno dellapertura dei cancelli, o un salto incredibile per portarci da un lato allaltro del lago ghiacciato da Anna a Kristoff. In questo lesperienza di Buck come co-regista di Kevin Lima in Tarzan, uno dei classici Disney meglio diretti di sempre, la si percepisce ad ogni fiocco di neve.
Non è tuttavia solo una regia capace e presente a conferire a Frozen un carattere più vivace di film come Rapunzel, una delusione ancora amara da mandar giù, ma anche lottima caratterizzazione dei personaggi, su cui cè limbarazzo della scelta grazie anche allaumento degli stessi: la palla avvelenata del villain salta da uno allaltro, così come quella del futuro innamorato, lasciando poi nel cuore, come sempre, quella spalla comica, Olaf, a cui è stata assegnata anche la maggior parte della dolcezza dei dialoghi e un tocco infantile a cui è impossibile resistere. Conto alla mano non cè altro da dire se non che la Disney potrebbe essere sulla strada giusta per tornare alla carica, come Kristoff sulla sua renna.
2 pensieri su “Frozen (Chris Buck, Jennifer Lee, 2013)”