Intrighi amorosi alla corte di Danimarca
L’eterno dibattito: fedeltà alla storia o romanzarla? Royal Affair, a giudicare dal titolo, sembrava voler sin da subito saltare ogni piccolo passo per raggiungere Johann Fredrich Struensee/Mads Mikkelsen, il Royal Physician del romanzo di Per Olov Enquist, ispirato alle vicende che coinvolsero il medico tedesco nel governo e nella famiglia del Re Cristiano VII di Danimarca e Norvegia.
Senza ricercare l’originalità, il film di Nikolaj Arcel prende piede con la scrittura di una lettera da parte della Regina Caroline Matilda, prima Principessa del Galles, a suo figlio Federico VI, da cui fu portata via in seguito allarresto per un inventato complotto contro il Re e per l’adulterio commesso con Johann Struensee.
Royal Affair è in realtà la storia dell’amicizia tra Struensee e Cristiano VII, un Mikkel Følsgaard di talento, sfociata poi in un vero e proprio atto di ribellione contro il Consiglio, sostituito dalla mente illuminista del Medico che prima con amore e poi con ossessione, cercava di dare al popolo quell’idea di libertà con cui, secondo Voltaire e Rousseau, tutti gli uomini erano nati.
Arcel spara un inizio accattivante, poco originale sì, ma dal buon ritmo conferito agli eventi negativi che si susseguono nella vita della Regina/Alicia Vikander, fino a quando il tutto non viene abbandonato alla bellezza dei costumi, delle scenografie e alla bravura del trio protagonista.
Mikkelsen è il Clint Eastwood della nuova generazione, con due sole espressioni comunica più di ogni altro suo collega, ma sulle sue spalle non può reggersi la vita e la morte della storia di Struensee, abbandonata sul ciglio della strada senza un regista.
La scarna visione di Arcel ricerca la strada filologica evitando di scadere nel romanzo rosa, fallisce però nel tentativo e rimbalza da un lato all’altro contribuendo a far scorrere con lentezza estrema le due ore di Royal Affair, forte solo nell’estetica e non nella narrazione.
In poche parole il candidato all’Oscar come Miglior Film Straniero a discapito di opere di gran lunga migliori, come Holy Motors di Leos Carax non è altro che il solito dramma storico, meno romanzato, ma senza alcunché a controbilanciare l’assenza dal banco, lasciata vuota e mai chiamata all’appello per cercare di recuperarla.
Alla fine della visione quanto si ricorderà è il buon ritratto di Følsgaard/Cristiano VII, il personaggio più interessante dellintera pellicola: folle, vittima della solitudine, ignorato da tutti, considerato come null’altro che un misero pazzo.
Sue le scene più toccanti, belle e anche meglio interpretate, come la cacciata dal Consiglio nel periodo post-Struensee, il suo sogno di ricominciare l’amicizia con l’amico Medico condannato a morte, e la sua figura di spalle nel buio di una stanza, quando i due figli, tra cui il futuro Re Federico VI, entrano nella sala per consolare un padre abbandonato nel suo dolore alla scoperta della morte della moglie, anche se mai davvero amata, Caroline Matilda, rinchiusa lontana dai palazzi reali fino alla morte per malattia.
Fausto Vernazzani
Voto: 2.5/5
lo devo vedere,poi ti dirò. Il romanzo è di una bellezza sconvolgente, mo vediamo il film.Io ho fiducia in madds!
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Anche io ho sempre fiducia in Madds, e non che qui non sia bravo, ma è proprio il personaggio che sembra non avere uno spessore. E’ il classico film storico senza un regista dietro ad offrire una visione, ma solo tante belle scenette da appendere come un quadro! Ma attendo con ansia la tua opinione :D.
Faust
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la mia opinione è che hai assolutamente ragione: visto ieri sera.Ma dico:il cinema danese mi piace perchè pieno di violentissime scene madri di scontri e litigi, un pathos hardcore corrosivo e potentissimo,qui niente…Peccato
Il libro però è bellissimo,edito da feltrinelli…il medico di corte
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Anche i danesi ogni tanto possono sbagliare (sconsiglio la commedia Klovn) :D ma Mads e gli attori li promuovo comunque tutti, probabilmente li inizierò a seguire più di quanto già faccio! Vorrà dire che io per affezionarmi di più a questa storia mi darò al libro!
Faust
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