Elysium (Neill Blomkamp, 2013)

Nello schema di Elysium

La magia di District 9 era nella favola di Neill Blomkamp, regista sud-africano e tecnico dei visual effects, la Cenerentola del cinema contemporaneo: notato da Peter Jackson per il cortometraggio Alive in Joburg, produce il suo primo film spostando gli occhi del mondo dalle ultra-note location ai sobborghi di Johannesburg, dove una comunità aliena subisce il maltrattamento spesso riservato al popolo di emigranti e rifugiati politici in giro per il mondo.

Un volto nuovo, Sharlto Copley, una storia non originale (Alien Nation) ma toccante ed emozionante, un ottovolante girato a metà tra il documentario e il cinema d’azione, fantascienza del quotidiano e non del futuro impossibile.

Ritorno in Africa

Su Blomkamp si son create molte aspettative: prima Halo, poi la certezza di District 10, sequel al suo film di lancio, ma prima è giunto il fallimento del primo progetto – per colpe tutte da attribuire agli studios – poi l’ufficiale annuncio della nascita di Elysium.

Concept ispirati al celebre Syd Mead, autore dei celeberrimi disegni dietro la costruzione del mondo di Blade Runner, e ai progetti spaziali della NASA immaginati tra gli anni Sessanta e Settanta; sopra tutto questo la voglia di dar ancora spazio al Sud Africa.

Ninja scelto come protagonista, metà del duo rap di Johannesburg Die Antwoord, ma il suo rifiuto arriva e dopo varie seconde scelte la Sony approda alla star Matt Damon.

La storia

Max Da Costa (Damon) è un uomo spento dal passato leggendario di ladro d’automobili, ora lavoratore presso la ArmaDyne, società di produzione dei droni che compongono le forze di sicurezza del pianeta Terra, affetto da un eccesso di presenza umana.

L’alta società benestante ha trovato la sua sistemazione sull’Elysium, una stazione spaziale paradisiaca che osserva la Terra dall’alto, dove fame, povertà e morte sono reliquie dei giorni che furono: ogni cittadino di Elysium ha infatti a disposizione una capsula medica capace di abbattere ogni cellula malata e ricostruirla, perfettamente sana, lasciando così la Morte a svolgere il proprio mestiere solo sulla superficie terrestre.

Il tema del rifugiato politico di District 9 si palesa dunque subito come una critica alla disparità che spezza la società odierna in due tronconi: chi può permettersi un’assicurazione sanitaria adeguata e chi invece è costretto a soffrire fino all’ultimo giorno.

Michael Moore sarebbe fiero di un Blomkamp che porta il suo Max in una corsa allo spazio per cercare di salvare se stesso da una dose di radiazioni letali, provando allo stesso tempo, prima involontariamente poi con consapevolezza, a restituire al mondo il mancato diritto alla vita, mondo a rischio per via di un tentativo di colpo di stato del Ministro alla Difesa Jodie Foster.

Senza entusiasmo

A riempire il quadretto anche Sharlto Copley, villain perfetto dopo le sue prove di folle in The A-Team e vigliacco eroe in District 9.

Tuttavia lo schema, cambiato l’ordine sociale e la sua specifica da attaccare, è praticamente identico a District 9: l’uomo egoista cerca di salvarsi per poi finire con l’aiutare anche il resto degli indifesi.

Nulla cambia, persino l’ambientazione ricorda fin troppo il Distretto dei gamberoni, ma la differenza, piccolissima, della trama (società borghese/proletaria) riporta Elysium su binari sci-fi noti e classici che uniti a ottime scene d’azione e a una regia sapiente, mai svogliata, mai ignorante di quanto sta accadendo, riescono a far sì che quest’opera seconda non sia un fallimento completo, ma un buon operato capace di soddisfare lo spettatore senza però entusiasmarlo neanche per un secondo.

Fausto Vernazzani

Voto: 2/5

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