La conversazione (Francis Ford Coppola, 1974)

La conversazione, il capolavoro silenzioso di Francis Ford Coppola.

Gli anni Settanta sono un decennio d’oro per Francis Ford Coppola, quattro film da regista (e sceneggiatore) che han fatto la fortuna della sua intera famiglia, le cui spore sono andate proliferando per tutta la settima arte. Famoso per Il padrino, un film su commissione dal successo necessario per aprirgli le porte ai sogni cinematografici tenuti nel cassetto: La conversazione e Apocalypse Now.

Nel 1974, prima di concentrarsi sul set dell’attesa seconda parte de Il padrino, Coppola punta i piedi per mostrare al pubblico il suo primo sincero esordio al grande cinema, la visione personale dell’arte cinematografica, vicina alla rinascita avvenuta in Italia, prima col neo-realismo, poi con la crisi dell’identità e della comunicazione di Antonioni.

La conversazione oggi è uno dei film più seguiti, più imitati della filmografia di Coppola, un capolavoro sommesso e sottomesso alla grandezza scenica del suo maestoso fratello Apocalypse Now e della perfezione de Il Padrino.

Coppola scrive di Harry Caller, un privato nel settore delle intercettazioni al lavoro da anni a San Francisco, trasferitosi dopo un caso particolare sfociato in tre omicidi sulla costa Est dove prima lavorava. Diventa Harry Call, poi Harry Caul, modifica dopo modifica, volontaria o meno nella sceneggiatura, facendo un tuffo dal significato esteriore delle chiamate (Call) riferito logicamente al suo mestiere, al quadro della sua persona, rinchiusa in un ventre autocostruito: Caul in inglese si accosta al sacco amniotico.

Non ama le relazioni interpersonali, veste un impermeabile grigio trasparente che lo separa dal resto del mondo (il sacco) indossa degli occhiali fuori moda e ha l’espressione sconcertata e terrorizzata di Gene Hackman.

Profondamente cattolico, scostante quando si tratta di tentare un’apertura verso il prossimo, devoto al suo lavoro, tranne quando il nuovo incarico lo pone di fronte ad un dilemma: e se la coppia oggetto delle sue intercettazioni rischiasse la stessa fine dei tre morti di New York?

Si cita Antonioni, ma le atmosfere del giallo all’italiana, forse meno autorevoli e meno autoriali, fanno la loro comparsa con i toni oscuri e quasi onirici delle ultime scene, grottesche a tratti come un film di Fellini, ma scabrose come le mani di Argento e Fulci .

La conversazione gira l’angolo e per una manciata di minuti si cala delicatamente con la corda in un vero e proprio horror, un thriller a tinte dark, il personale incubo di un uomo la cui etica si scontra con la realtà del suo mestiere, tanto forte da trasformarla in una terapia d’urto che sfocia nella toccante scena finale con Harry seduto e poggiato con la schiena al muro, fermo a suonare il sassofono mentre la macchina da presa dondola mostrando l’aspetto della nuova realtà.

L’arduo compito di dare a Harry Caul non solo un nome, ma anche un luogo, è svolto alla perfezione dal regista: nascosto in un angolo di un capannone, sotto terra, circondato da cavi elettrici e sbarre, al contrario dei sogni, dove la separazione così decisa di linee e fili metallici è sostituita dall’indefinito di un luogo immerso nella nebbia.

Pensato, ragionato in ogni minuto, uno dei migliori film di Francis Ford Coppola, forse il vero esordio (tra i Big della sua opera) dopo il capolavoro del gangster movie, tanto amato da superare La conversazione in un testa a testa agli Oscar del 1975, la cui commissione fu capace di ignorare Hackman.

Il resto del cast è poco importante: John Cazale presente per troppo poco tempo in uno dei suoi unici cinque straordinari film; Harrison Ford al suo ultimo film per il cinema prima del successo mondiale con Star Wars; la semplicità malinconica dell’apparizione di Robert Duvall.

L’attenzione spetta però tutta a Gene Hackman, alla conversazione da lui spiata, ai suoni di Walter Murch e al suo piccolo mondo pronto a essere sfasciato. E oggi conosciamo film come Enemy of the State di Tony Scott, per anni definito un remake, Le vite degli altri di Florian Henckel von Donnersmarck e Berberian Sound Studio di Peter Strickland, dove i protagonisti ascoltando/creando rumori sconvolgono la propria vita. La sostanza è che La conversazione è un film gigantesco.

Fausto Vernazzani

2 pensieri su “La conversazione (Francis Ford Coppola, 1974)

    1. Alla mia prima l’ho amato, alla seconda adesso lo amo e lo stimo! Lo rivedrò volentieri altre mille volte, è una pietra miliare indimenticabile :D

      Fausto

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