Pier Paolo Pasolini incontra Ninetto Davoli.
Prerogativa dei recenti fenomeni (cosiddetti) artistici è fingere – per dirla con Alessandro Trocino – di trasformare la complessità in semplicità spacciando quest’ultima per superficie in grado di nascondere supposte profondità. Ma il più delle volte è solo piattume che parla di se stesso.
Con i grandi questo non succede: ce lo dice il Tempo, che ha portato parole, immagini e passione di Pier Paolo Pasolini fino a noi lasciandone intatta la potenza. E l’abisso. Perché sfogliando le pagine de Il caos, raccolta curata da Gian Carlo Ferretti per Editori Riuniti che racchiude la rubrica guidata da Pier Paolo sul settimanale Tempo, i significati si susseguono con evidenza pur lasciandosi dietro la scia del suggerimento. Di un fortissimo invito al pensiero critico, al “labirinto della riflessione”.
Qui davvero la profondità appare semplice rimanendo fedele a se stessa. Ne sono la prova, fra i tanti testi proposti da questa irrinunciabile lettura, anche i Dialoghetti sul cinema e il teatro, interviste fatte da Pier Paolo Pasolini a tre attori che furono suoi collaboratori e amici. Fedeli in ambedue i casi.
La prima – meravigliosa – è a Ninetto Davoli ed è riportata integralmente qui di seguito.
***
Pier Paolo Pasolini: Cos’è il cinema, Ninè?
Ninetto Davoli: Il cinema è il cinema.
PPP: Lo dice anche Godard, lo sai?
ND: Godard è un uomo intelligente.
PPP: Soltanto intelligente?
ND: E poi è uno che mi piace.
PPP: Perché?
ND: Perché è uno che potrebbe essere un amico mio… uno che potrebbe essere dei paraggi miei… Un uomo semplice…
PPP: Cosa intendi per uomo semplice?
ND: Un manovale che va sempre al lavoro…
PPP: Godard un manovale?
ND: Sì, perché mi piace.
PPP: E i suoi film ti piacciono?
ND: Sì, mi piacciono a vederli… a guardarli… quei film… Però se devo dire di capirli fino in fondo, no. Mi piace guardarli perché quando vedo i suoi film vedo lui.
PPP: Allora il cinema è il cinema.E il teatro? cos’è?
ND: Il teatro è il teatro. Per me tutto è semplice.
PPP: Che differenza c’è fra un uomo nella realtà e lo stesso uomo rappresentato al cinema o al teatro?
ND: Niente, nessuna differenza.
PPP: Allora realtà, cinema e teatro sono la stessa cosa?
ND: In un certo senso…sì… sono la stessa cosa… solo che lì l’uomo lo vedi in persona, e al cinema lo vedi sullo schermo, e al teatro sul palcoscenico.
PPP: Tu sei un ragazzo della realtà, sei un attore di cinema, e adesso anche un attore di teatro. In quale di queste due forme ti senti più vero?
ND: Sul teatro.
PpP: (te l’ho sempre detto). E perché?
ND: Perché sul teatro non è come al cinema, che un’azione si ripete tante volte. A teatro, una volta che entri sul palcoscenico, le cose vanno tutte di seguito.
PPP: Allora ti senti più “Ninetto” sul palcoscenico che al baretto del piazzale Prenestino o in via dell’Aqua Bullicante?
ND: Veramente… uguale: perché sono sempre dei palcoscenici.
PPP: Allora tutto il mondo è un palcoscenico?
ND: E perché? Mica male! Il mondo non è un palcoscenico? E cos’è altro?
PPP: Allora vorresti che con te facessi, nel film che stiamo per girare, dei lunghi piani-sequenza?
ND: Eh, sarebbe meglio…
PPP: E invece io fraziono l’azione, in tante brevi sequenze, primi piani, figure intere, campi lunghi. Ossia raccolgo ogni espressione e ogni gesto, si può dire, in una sola inquadratura. Perché, secondo te, faccio così?
ND: Mica lo fai per riempire il film… Lo fai per rendere le cose più vere.
PPP: Allora le azioni più vere, non sono, come dicevi prima, quelle continue, ossia quelle della realtà o del teatro?
ND: Mo’ le fai troppo complicate le cose, a Pa’…
PPP: Ti piace il titolo del film che stiamo girando: Porcile?
ND: Mi piace sì, mi piace. Perché so la storia e mi piace.
PPP: I fascisti ecc., fanno delle gran risate, non perdono l’occasione di scrivere delle spiritosaggini su questo titolo, senza il minimo ritegno…
ND: Perché si devono fare delle risate, a Pa’? Alla fine resteranno fregati loro.
PPP: E perché?
ND: Perché alla fine non potranno più ridere.