5 centimetri al secondo (Makoto Shinkai, 2007)

5 centimetri al secondo è la velocità della lontananza.

Diceva Saramago che la vita è fatta tutta di coincidenze. Riuscire a spiegarlo fa parte di queste. Un fortuito e fortunato esempio è 5 centimetri al secondo del giapponese Makoto Shinkai, vincitore del Lancia Platinum Grand Prize al Future Film Festival del 2008.

Tre in uno

La storia, una e trina, ha inizio fra i petali di ciliegio, filtrati dallo sguardo splendidamente puro dei bambini: un bimbo, Takaki, e una bimba, Akari, che sostano sotto la pioggia madreperlacea degli alberi in fiore misurandone la velocità.

5 centimetri al secondo è il tempo che un petalo di ciliegio impiega per raggiungere il terreno. Il suo punto d’approdo implica un preciso periodo di percorrenza. Eppure dall’esterno tutto sembra fluido, morbido. Uno scorrimento naturale.

E anche la vita di Takaki e Akari intanto scorre, fra distanze e scadenze, puntualità e rituali: costretti alla lontananza – che mai come ora è come il vento – dagli impegni lavorativi dei genitori, si ritrovano un’ultima volta durante una fitta nevicata, al termine di un lungo viaggio in treno.

Declinazione di un dramma

Il tempo, concettuale e fisico, diventa nemico; il caso si fa brezza che trascina via lettere colme di parole consegnandole al silenzio.

E quella che per la semplicità dei dialoghi – doppiati oscenamente in italiano, come purtroppo sta accadendo spesso – e per un falso strato di melassa sembrava essere una delle romance più scontate, così come il vento fa capolino fra i binari muta in dramma. Dell’ineffabile e dell’eterno.

Il crudele ordine delle cose

Il primo dei tre episodi (Il capitolo dei fiori di ciliegio) cede il passo a immagini tratte da un universo onirico che appare più come configurazione di una dimensione animica, interiore, dove la vita desiderata prosegue il suo corso indipendentemente da quella nella realtà concreta.

Così la seconda parte (Cosmonauta) spalanca le sue porte con Takaki che è cresciuto, va al liceo e non ha smesso di anelare all’infinito.

Ma nel frattempo a lui anela una ragazza, Kanae, sua compagna di scuola, in lotta con se stessa per tutto ciò che non riesce a fare e a dire, con il sentore che non sia il momento adatto.

Se questo momento arriva o meno soltanto l’ordine temporale di ogni vita può dirlo. Un ordine spesso crudele per la precisione con cui scrive i suoi schemi nei quali gli uomini debbono rientrare.

La materia di cui sono fatti i sogni

Alla fine del viaggio (5 centimetri al secondo) fatto di tanti viaggi, Takaki è un uomo inaridito da ciò che ha perso; Akari una donna che ha saputo farsene una ragione.

Entrambi, nel ricordo, eliminano i centimetri che li separano dal ricongiungimento con la terra; che li distanziano dal sogno.

Tanto che non esiste più un confine definito fra questo e il reale, e il sognare sembra più vero del vivere se il vivere significa soltanto andare avanti.

Francesca Fichera

Voto: 5/5

14 pensieri su “5 centimetri al secondo (Makoto Shinkai, 2007)

  1. Film fantastico, non famoso solo perché distribuito e doppiato malissimo e soprattutto per il pregiudizio di essere un film d’animazione, quindi comparato dall’ immaginario comune a porcate da bambini…
    Peccato che sia così poco conosciuto, anche perché solo con l’animazione si potevano disegnare le ambientazioni strabilianti del film, (fantastica quella iniziale con i petali di ciliegio) e solo con la matita si potevano raffigurare personaggi così commoventi ed espressivi, sono convinto che se ci fossero stati attori veri al posto loro il film sarebbe stato molto peggio…Film fantastico, consiglio vivamente a tutti di vederlo!

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    1. Concordo su tutta la linea con te! Il doppiaggio era inascoltabile, per fortuna però non abbastanza da riuscire a deturpare uno straordinario esempio di dramma animato – purtroppo solo in tempi recenti si è cominciato a dissociare l’animazione dal mondo infantile, e neanche più di tanto!
      Makoto Shinkai poi è una vera promessa, un regista da esplorare e tenere sott’occhio insieme con altri astri, nascenti o già nati, del cielo cinematografico del Sol Levante (si pensi, ad esempio, a Mamoru Hosoda)!

      Spero di rivederti presto da queste parti, comunque ;)

      – Fran

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  2. Preso da curiosità, ho letto il manga tratto dal film (o forse tratto dal film-come-avrebbe-dovuto-essere) e realizzato sotto la supervisione dello stesso Shinkai. Controntato con il manga, il terzo episodio del film appare molto sacrificato e si fatica a seguire il filo logico degli avvenimenti (anche se il risultato finale rimane senz’altro ottimo). Nel manga occupa più di un centinaio di pagine ed ha una profondità ed uno sviluppo che nel film si è un pochino persa. Alcune cose, poi, balzano agli occhi: Akari è tutt’altro che serena, non è riuscita semplicemente ‘a farsene una ragione’, ha, piuttosto, ‘rimosso’ il problema, richiudendolo a chiave in un cassetto della sua memoria. Ma quando, per un evento fortuito (la lettera), il ricordo sfugge dalla prigionia, il rimpianto ed un pizzico (o forse più di un pizzico) di senso di colpa la assalgono prepotentemente. C’è l’immagine emblematica di lei sottobraccio al futuro marito, con l’espressione smorta e gli occhi persi; in testa le risuonano (dolorosamente!) le parole della lettera che non ha consegnato a Takaki (‘ricordati, ti prego, che non importa quanto andrai lontano, io ti amerò per sempre’) e lei chiude gli occhi come a scacciare un brutto pensiero (o, magari, a ricacciare indietro una lacrima). E al passaggio a livello si riconoscono a vicenda, ma solo lui è capace di fermarsi: alla fine ha dovuto arrendersi, è sconfitto, ma si è battuto con onore, pagando un prezzo altissimo, può stare a testa alta, può guardarla negli occhi, senza vergogna. Lei si allontana, l’anello al dito pesa come un macigno, non sa come affrontarlo ma, soprattutto, non vuole. E lui sorride, un po’ sardonico. Perche’, in fondo in fondo, se lo aspettava.

    Ho riletto il manga cinque volte ed ogni volta scopro sfumature nuove. E’ una storia bellissima e molto complessa. E il film non è da meno.

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    1. La tua analisi è molto pregnante e mi invita, un bel giorno in cui sarò libera di farlo, a recuperare la lettura del manga. Ignorando quest’ultimo, diciamo comunque che quanto tu dici a proposito di Akari – la sua presunta serenità, il modo in cui è riuscita ad accantonare il problema del suo passato – nel film, più che sacrificato, è infilato fra le righe, e abbastanza in profondità. La sensazione (angosciante, pesante) che la ragazza abbia solo trovato una soluzione ‘di comodo’ c’è a prescindere – perlomeno a me è arrivata – sebbene riconosca che non sia adeguatamente sottolineata dal punto di vista narrativo.
      Non so se è stata questa recensione ad invogliarti a vedere il film e poi il manga ad esso ispirato (ho letto il tuo precedente commento, ma non so se si riferiva a un prima o a un dopo la visione), sono ad ogni modo contentissima che tu sia venuto qui a scriverne e ad arricchire il nostro sito con le tue parole.
      Spero continuerai a leggerci :-) A presto!

      – Fran

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  3. In una serata di solitudine e noia ho incontrato per caso “5 centimetri al secondo”.
    Fin dall’inizio il film stupisce per la qualità dei disegni, per l’incredibile capacità dell’autore di cogliere i particolari. Niente è a caso: ogni parte esprime una cura nei dettagli che sarà una carezza per i vostri occhi. Giocate pure a cercare il “pelo nell’uovo”: non resterete mai delusi. I fiori di ciliegio, il cielo, la neve: tutto lascia pensare ad un’istantanea, ad uno spicchio di realtà messa lì per essere gustata, fino in fondo. Mi si conceda un esempio, non l’unico ma significativo: nel secondo episodio il protagonista entra spesso, con una sua compagna di classe, in un negozio per prendere una bibita dal frigorifero. Nel negozio (in alto a sinistra nell’immagine) c’è un piccolo specchio rotondo: guardatelo quando i ragazzi scelgono la loro bibita.
    Trovo molto azzeccata la scelta delle pause nei dialoghi: l’autore sceglie bene quando inserirne una, quando far partire la musica, quando proporre un suono della natura. Niente è di corsa: tutto è fatto per essere gustato alla giusta velocità, quella dei sentimenti. Un esempio? Il treno! Nemmeno quello dà l’idea della corsa. La neve, i ritardi, le attese delle coincidenze: tutto è sapientemente rallentato così che è solo l’ansia del protagonista di rivedere la ragazza che ama ad accompagnarci nel suo difficile viaggio verso lei.
    Naturalmente nessuna qualità può essere importante quanto i sentimenti perchè, se la bellezza delle immagini ci può far viaggiare in luoghi mai visti, è la bellezza dei sentimenti che coglie nel nostro cuore emozioni che noi stessi abbiamo già vissuto nella nostra vita. Avvicinatevi a questo film con apertura di cuore e libertà di sentire: esso saprà ripagarvi ampiamente.
    L’amore, ovviamente, la fa da padrone. E quale forza maggiore al mondo? Quale sentimento più intenso accomuna il genere umano? Quello dei due ragazzi è un amore puro, che sembra eterno, come quello che sogniamo tutti noi. E’ su questo che fa leva l’autore! E vi troverete scalzati da quella leva la quale, con forza, predisporrà il vostro cuore ad essere dalla parte dei protagonisti.
    La loro storia parte in sordina, sui banchi di una scuola elementare, e cresce e si rafforza con il distacco che i ragazzi subiscono per un trasferimento di scuola. Ma la distanza è come il vento per il fuoco: se il fuoco è piccolo il vento lo spegne, se il fuoco è grande invece lo alimenta. Il loro amore cresce con gli anni, i loro occhi vedono solamente se stessi, le loro anime si cercano, ovunque, anche in cielo. Lo si vede bene nell’episodio 2, con il protagonista che si perde con lo sguardo tra le nubi e con l’autore che, puntuale, ci incanta con un cielo di una bellezza sfolgorante, sempre diverso eppure sempre intenso.
    Nel terzo episodio qualcosa cambia: i due ragazzi.
    Appare il dover lavorare, il dover far carriera, il doversi creare un posto nella società, il doversi sposare, il doversi comportare secondo certe regole. In pratica, i due ragazzi devono diventare adulti. Ma non fuori, esternamente, cosa normale che avvenga. Essi lo devono diventare anche dentro. E’ da questo momento in poi (fateci caso) che nel film non si vedono più i loro volti sereni, non si sente più il battere all’unisono dei loro cuori. Il loro amore si raffredda, i loro sentimenti iniziano a distanziarsi, i loro pensieri sono distolti.
    In quel preciso momento i due ragazzi si perdono.
    Lei per prima abbassa la testa davanti alle imposizioni della società; lui protesta un po’ di più ma appare come un disadattato. Un fremito, quel giorno, al solito passaggio a livello sulla ferrovia. Forse possono farcela, verrebbe da urlare “……. e dai, girati e guardalo”.
    Il loro cuore non ha saputo restare puro, e così il loro amore si perde.
    Makoto Shinkai ha voluto toccare il nostro cuore per lasciare un segno nella nostra mente.
    Grazie.

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    1. “Avvicinatevi a questo film con apertura di cuore e libertà di sentire: esso saprà ripagarvi ampiamente”. Credo che, con queste parole, tu sia riuscita a sintetizzare molto bene il senso di questo film, e soprattutto il modo di approcciare ad esso. Non so se tu sia incappata nella sua visione prima o dopo aver letto il mio articolo, ma in entrambi i casi non posso che esserne contenta, perle così dovrebbero trovarle tutti, e più spesso. :)

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