Sarah Polley racconta l’Alzheimer senza orpelli in Away from Her – di Francesca Fichera.
Un viaggio, in avanti come a ritroso, insieme con un lungo solco nella neve di cui non s’intravede l’orizzonte: comincia così Away from Her di Sarah Polley, dramma sentimentale biforcuto nelle magistrali interpretazioni di Julie Christie e Gordon Pinsent. Su di lei – ancora bellissima – e sul volto di lui, reso attonito dal dolore, si regge tutta l’intensità di un film che per certi versi anticipa l’Amour secondo Michael Haneke, affrontandone il medesimo tema attraverso una centralità della coppia formalmente affine – sebbene poi molto lontana dal punto di vista linguistico come da quello dello sviluppo dei contenuti.
Protagonista nascosta è quella malattia innominabile – menzionata per la prima volta, e non a caso, dopo i primi quaranta minuti di pellicola – che “spegne le luci di un enorme edificio una ad una”; che confonde la paura con l’immaginazione; che fa parte dei naturali imprevisti, degli incidenti che la norma della vita impone ma ai quali, sempre e comunque, non si è mai davvero pronti. Away from Her racconta tutto questo raccogliendolo entro una prospettiva realistica, priva di tensione al perfezionismo e all’estremismo poetico, con una regia (quasi) televisiva, ben sostenuta dagli inserti sonori di Jonathan Goldsmith e dai puri giochi di luce di Luc Montpellier. Emerge in tal modo il lato rosa del tragico, quel “poco di grazia” cui aspira, nel mare nero della tristezza, il personaggio di Fiona, provato dalla disgrazia ma, non per questo, più fragile di quello del marito Grant. L’uomo dal cuore spezzato che cerca rifugio in una parete, e la cui sorte, insieme con quella della sua simile Marian (Olympia Dukakis), contiene più crudeltà di quanto possa riceverne un vegetale umano privato della memoria.
Più che con le immagini, Away from Her è un film che narra con le parole. Che qualche volta sono troppe, ma altre, quando alla forza della spiegazione viene sostituita quella dell’evocazione, confortano e, perfino, rapiscono. Soprattutto quelle Lettere dall’Islanda di W. H. Auden, continuamente citate, traccia a matita sotto i colori eccessivamente vividi del disegno, che il film della Polley fa così venir voglia di leggere.
Sono loro la consolazione nella consolazione, il contrappeso che compensa una conclusione inverosimile e dissonante rispetto al quasi insostenibile carico di realtà di Away from Her, a quella vita conosciuta e rappresentata finanche nel dettaglio più intimo e che tuttavia si dissolve come un sogno disordinato. Come la peggiore delle finzioni.
questo film l’ho scoperto per caso, su rai movie. Ovviamente mi è piaciuto subito moltissimo. I film come le persone possono farti innamorare o provare quei sentimenti profondi che uno ha per i suoi amici o amiche,ecco è successo con questo film. Basato su una recitazione che strappa dalla vita le sue cose migliori.Bellissimo e straziante perchè poi sai che tutti quegli sforzi non serviranno a nulla.E vedi una persona che hai amato svanire,piano piano.Ecco siccome ho una visione bergmaniana e tragica delle cose, non posso che affezionarmi a un film simile
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Eppure ho trovato il finale, a suo modo, consolatorio. E’ un film particolare perché non rilascia tutta la sua amarezza in conclusione, bensì poco prima di quest’ultima. E’ delicato, non prende lo stomaco a cazzotti, preferisce dei fastidiosi pizzichi o piccoli morsi.
E le parti delle letture… quelle sono le più belle, perché esulano dalla didascalia, dalla significazione esplicita, dall’intento narrativo. Sono dei racconti nel racconto che svelano il segreto, la struttura portante, lo scheletro trasparente del loro contenitore.
Stavo quasi per scrivere una seconda recensione :P
Bello quando i consigli selezionati dalle immense wishlist vanno così a segno, comunque ;)
– Fran
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A me, come ti dicevo, è piaciuto moltissimo. Forse è una visione diversa perché non condizionata da quella di Amour, dato che Lontano da lei lo vidi quando uscì al cinema, in tempi assolutamente non sospetti. A me ha emozionato e commosso tantissimo. Credo che dopo Amour lo leggerei in modo diverso ma all’epoca un film del genere non esisteva e lo trovai molto coraggioso. E poi lei, LEI, la trovo bellissima sotto tutti i punti di vista!
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Ma lei è assolutamente STUPENDA: come dici tu, bella sotto ogni aspetto.
Il film non è melenso, né esageratamente drammatico, ma giace in una piacevole via di mezzo che, a mio giudizio, viene penalizzata abbastanza dall’impostazione della regia.
Comunque è un 7 quasi pieno. E lascia quel pizzico di dolce-amarezza che, in certi giorni, è come l’acqua sul deserto. :)
– Fran
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