Meshes of the Afternoon (Maya Deren, 1943)

Meshes of the Afternoon, un meriggiare pallido e assorto

Eleanora Derenkovskaja, in arte Maya Deren – da quell’idea schopenhaueriana di illusorio conflitto fra realtà e rappresentazione del reale – è una donna da festeggiare col ricordo. E soprattutto guardando i suoi film.

Il primo di questi viene realizzato nel 1943 con mezzi rudimentali al servizio di idee dalla genialità inquietante. Si chiama Meshes Of The Afternoon ed è un breve quanto enorme capolavoro (dura appena un quarto d’ora) d’avanguardia, grazie al quale probabilmente non pochi degli aficionados di David Lynch riattizzeranno la fiamma del loro amore per le infinite possibilità del sogno. E dell’incubo.

Perché Meshes Of The Afternoon è uno di quei sogni che incuriosiscono ma ti appiccicano il pigiama addosso, capaci di appesantire le ore seguenti con il peso di una suggestione che rassomiglia al presentimento.

Visioni in bianco e nero

Girato con una Bolex 16mm usata, Meshes è una visione in bianco e nero che trova la sua origine in un inseguimento pomeridiano: quello da parte di una donna (la Deren stessa) sulle tracce di una misteriosa figura incappucciata con uno specchio al posto del volto; un dettaglio che crea terrore solo per il talento con cui sa riprodurre la folle casualità del mondo onirico.

Da lì il racconto torna a ripetersi, completandosi di volta in volta con nuovi particolari dall’ambiguità raggelante. A cavallo fra esoterismo e surrealismo, con probabili (ma quasi illeggibili) allegorie femministe nel mezzo, il film della Deren va forse considerato nell’ottica dell’estetismo wildiano: pura bellezza artistica che realizza il suo senso nella forma, nel modo in cui essa è raggiunta.

I ferri del mestiere

Perché ciò avvenga è naturalmente necessaria una profonda consapevolezza del dire: quel dire che dall’esercizio giunge al propagarsi di sensazioni, intuizioni, significati.

Sfuggenti, ma non per questo meno belli da inseguire, nell’atmosfera – perfettamente ricreata – di un caldo pomeriggio qualsiasi, di quelle ore tramortite dal sole in cui nulla impedisce che possano vagare per le strade strane figure vestite di scuro. E donne che abbracciano le ombre.

Del resto, “il sogno che viene visto, viene reso reale dalla visione. Morte è la notte senza sogni“. Lo scriveva Maya ad Alexander Hamid, suo compagno nell’arte e nell’amore. Colui che l’aiutò a scovare i resti della notte intenti a spiare dal buio degli angoli.

Buona ricerca.

Francesca Fichera

Voto: 5/5

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2 pensieri su “Meshes of the Afternoon (Maya Deren, 1943)

  1. In effetti è davvero inquietante. Credo che Lynch ci andrebbe a nozze con un film del genere e chissà che non ne sia stato ispirato davvero. Credo che sia un film che si presta a molteplici letture soprattutto perché ti lascia il dubbio su cosa sia veramente accaduto. Bello.

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  2. Sì, non ha un’interpretazione univoca, e le sue molteplici letture sono difficili da ritrovare. Credo che stia proprio in questo la sua bellezza: nella difficoltà e nell’enigma.
    Contenta che ti sia piaciuto :)
    – Fran

    "Mi piace"

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