Dalla letteratura alla teatralità al cinema per l’Anna Karenina di Joe Wright – di Fausto Vernazzani.
Tradurre lOttocento è unimpresa così ardua da poter essere inserita nella lista delle operazioni impossibili: la letteratura di quegli anni è così distante dal Cinema, per certi versi, da non aver modo di incontrarlo se non superando lidea stessa di un faccia a faccia. Le pagine non sono immagini in senso cinematografico e per questo motivo vanno guardate sotto unottica capace di andare oltre: è lo scenario a poter essere adattato, forse anche lanima, ma non il corpo. Il caso odierno è lAnna Karenina del russo Lev Tolstoj, riaccesosi al Cinema per mano del romanziere-cineasta Joe Wright, fattosi il callo su autori del calibro di Jane Austen e Ian McEwan.
Sceneggiato dallaltalenante Tom Stoppard (Rosencrantz e Guildenstern sono morti e Shakespeare in Love li separa un abisso), la nuova Anna Karenina perde la sua regalità e i suoi campi lunghi, si lascia alle spalle la maestosità delle location originali per vivere lesperienza dun nuovo battito cardiaco tra le quattro mura dun teatro abbandonato, situato a Londra. Un unico luogo è tra i protagonisti del film, rappresenta la Russia Imperiale di fine Ottocento, la cui soglia è varcata dalla bontà danimo di Konstantin Levin, proprietario terriero la cui vita fatta di gentilezza si sfoga tra i campi in attesa dun meritato lieto fine. Attorno alla sua figura secondaria i protagonisti partecipano al gioco dellalta società, Anna, moglie dello statista Karenin, gode di ricchezza e stima, ma è destinata a perder la seconda quando la ragione si lascia andare allamore per il Conte Vronsky, tradendo il marito e le sue prediche in favore del fratello Oblonsky.
Joe Wright fa la scelta giusta, mette da parte il contenuto in favore della forma, trasforma in oggetto uomini e donne scegliendo di conferir loro le movenze dun ballerino, scolpendo statue con corpi già formati decisi a essere svelti a sufficienza per cambiar direzione nel momento in cui lo spazio è costretto a mutare aspetto di fronte ai nostri stessi occhi. Sarah Greenwood e Katie Spencer ci trasportano nel giro di secondi dalla casa di Karenin ad un salone da ballo, dando così a Wright il dovere di aggiungere il tocco necessario per cambiare il luogo di scena con lavvio della giusta separazione degli stili di regia destinati a ogni stanza. A questo si aggiunge la colonna sonora dellitaliano Dario Marianelli, suo collaboratore da anni, e la fotografia camaleontica di Seamus McGarvey, nonché i costumi da Oscar di Jacqueline Durran.
Non da meno gli attori, tra cui splendono Keira Knightley con i suoi grandi occhi tristi e Domhnall Gleeson, sempre più bravo di film in film. Seguono Aaron Taylor-Johnson, simile nell’interpretazione alla spavalderia di Farley Granger del Senso di Luchino Visconti, il buon Matthew Macfadyen, e il perfetto Jude Law, tanto serio da aver saputo accettare un ruolo difficile riuscendo nell’impresa di non risultare odioso come Alexei Karenin. Un ensemble notevole sotto la regia di Wright, tornato a ciò che sapeva far meglio dopo lo scontato film dazione Hanna, che seppur ben diretto, denotava un vero spreco di talento in un genere chiaramente non nelle sue corde. Sono sufficienti i primi venti minuti a far capire chi sia Wright, una sequenza di presentazione favolosa al punto da far tremare le mani, già pronte per lapplauso, prima ancora della fine.
Mi trovi d’accordo. Ho visto ieri, finalmente, anche questa pellicola che era rimasta un po’ indietro nella mia wishlist cinematografica. L’ho molto apprezzata per motivi simili ai tuoi. Trovo Anna Karenina un romanzo difficilmente traducibile per lo schermo proprio per la complessità dei sentimenti e dei rapporti che mette in campo. La scelta di Wright è stata molto coraggiosa: ridurre al minimo la storia e mettere in scena sentimenti ed emozioni in una specie di cinema totale dove teatro, musica, danza si fondono e si confondono. Scelta coraggiosa e, forse, imperfetta ma, sicuramente, di forte impatto. Da vedere.
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Son contento che hai apprezzato :D Temevo sarebbe uscito fuori un pastrocchio in cui cercavano ad ogni costo di essere fedeli ad un romanzo enorme per la sua quantità di contenuti e per la sua complessità ed invece son stati intelligenti a sufficienza da cercare u’n’altra strada! Mi stupisco che non ne hanno parlato molto di questo film, sai? Vista la qualità mi sarei aspettato più “rumore”!
Fausto
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