Flight - CineFatti

Flight (Robert Zemeckis, 2012)

In volo sul Flight 227 con Denzel Washington.

Don Burgess non è il tipico favorito dall’Academy, nonostante ricevette la sua nomination nel 1995, lui non è né Robert Richardson né Roger Deakins, non fa parte della categoria dei direttori della fotografia estrosi e ingegnosi, ma nell’’anno 2012 il suo lavoro di composizione è l’’elemento più forte del ritorno di Robert Zemeckis.

Mancava lì a Hollywood, diciamocelo, lui che ancora oggi è sulla bocca di tutti per via del suo Chi ha incastrato Roger Rabbit? e la trilogia di Ritorno al Futuro. Rinsavito dopo dieci anni dedicati a una ricerca fallita nel campo del digitale, tornato a dirigere quelle stesse storie che lo han fatto passare alla storia, come Forrest Gump e Cast Away.

Una storia imbarazzata, incapace di collocare Robert Zemeckis in uno dei contenitori con cui categorizzare il cinema e un po’ svilirlo. È forse da considerare un autore? Oppure è un regista da abbinare ad aggettivi come grande o straordinario? La verità è che uno come Zemeckis ha volato così in alto da poter esser solo definito un Regista.

Flight è una storia degna di questo Regista.

Risultato immagine per Flight denzel washington

Paura di volare?

Visto Cast Away inizai a credere Zemeckis non ami volare. I suoi protagonisti non vivono le migliori avventure una volta decollati, lo stesso accade a William “”Whip”” Whitaker (Denzel Washington) un veterano degli aerei di linea, pilotati tanti quante sono le bottiglie di birra, vodka e strisce di cocaina di cui si serve ogni giorno.

La svolta arriva una mattina qualunque, quando l’’aereo per un’improvvisa avaria è a rischio catastrofe, senza possibilità di atterrare in sicurezza. A meno che alla cloche non ci sia un pilota come Whip, fresco di un paio di bottiglie monouso di vodka, non salva chiunque con una manovra che ha dell’incredibile.

Ecco come decolla Flight, sesso, droga e una sequenza di volo talmente ben eseguita da far venire la pelle d’oca. Un’ottima partenza a cui seguirà il resto del film, concentrato sul processo contro Whip, accusato dalla National Transportation Safety Board (NTSB) di essersi seduto in cabina ubriaco e sotto l’’effetto di stupefacenti.

Processare gli eroi

Siamo dunque in un territorio esplorato in lungo e in largo. È la solita storia, lo penserebbe chiunque, di redenzione con un protagonista votato al vizio e incapace di accettare l’’aiuto offerto dai suoi cari ogni benedetto giorno. Ma, ebbene sì, c’è quel ma che cambia le cose e ci fa capire perché Zemeckis è un Regista speciale.

Innanzitutto un’opera fotografata con la cura di Burgess sicuro si distingue sul fronte tecnico. Flight si distingue per essere una lunga serie di ritratti fotografici di Denzel Washington che ne dipingono un personaggio a tutto tondo nonostante la sua debolezza sia sullo schermo dei cinema sin dal primo minuto e con un motivo.

È facile giudicare un uomo dai suoi vizi, meno conoscendo i suoi demoni, anche quelli nati da motivazioni non certo valide a giustificare un simile comportamento. Flight vuole però essere un viaggio verso quella redenzione, non sempre piacevole e senza turbolenze, come il volo 227 verso Atlanta ha dimostrato all’inizio.

Risultato immagine per Flight denzel washington

Questo è certamente merito dello sceneggiatore John Gatins, allenatosi sul ring insieme a Hugh Jackman e ai suoi robot da combattimento in Real Steel, una prova di forza che lo vide con in mano tutti i numeri per raccontare una storia vecchia come Hollywood e la letteratura aggiungendo il condimento giusto per dare un sapore nuovo.

Cosa aggiunge dunque Zemeckis, vi starete chiedendo. È la concentrazione tecnica e narrativa su Denzel Washington – fenomenale come suo solito – osservato come al centro di un mondo distorto dove si sente protagonista nel bene e nel male, lasciando solo il bordo dell’immagine al resto di un cast di comprimari di altissimo livello.

In primis John Goodman, presentato in una scena epica al ritmo di Symphathy for the Devil dei Rolling Stones (compilation magnifica che include anche Jeff Beck, Van Morrison, Joe Cocker e i Red Hot Chili Peppers e le musiche originali del fido collaboratore Alan Silvestri), e solo dopo Don Cheadle, nato per lo schermo, c’è poco da fare, Bruce Greenwood e la meno incisiva Kelly Reilly.

Fausto Vernazzani

Voto: 4/5

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