E ora parliamo di Kevin
Lynne Ramsay e ancor prima l’autrice Lionel Shrivers, dal cui libro è stato tratto questo …e ora parliamo di Kevin raccontano la storia di Eva (Tilda Swinton), scrittrice di successo felicemente sposata con Franklin (John C. Reilly), e del rapporto col suo primogenito Kevin (Ezra Miller), problematico dalla nascita, ragazzo che all’età di sedici anni farà qualcosa di terribile. Cos’ha portato Kevin a farlo?
Sarà la domanda che ossessionerà Eva per tutta la vita.
Rosso padrone
Sin dall’inizio, con la lotta di pomodori, si nota il rapporto privilegiato che il direttore della fotografia Seamus McGarvey avrà con il colore rosso e con l’acqua.
La casa di Eva, vandalicamente rovinata con vernice rossa, ci fa capire subito che in quella casa è successo qualcosa di terribile e le ossessive inquadrature di ketchup, di marmellate e vernici rosse, alcune scene volutamente colorate di rosso e numerose inquadrature di Eva che si lava le mani e mette la testa nell’acqua come a volersi togliere il peccato dalla coscienza, ce lo confermano ancor prima dei vari flashback che la Ramsay propone per farci capire ciò che è successo.
Le note inquietanti, orrorifiche
La cromaticità della pellicola potrebbe essere definita “argentiana” e, nonostante sia un film drammatico, non mancano citazioni da film horror. L’atmosfera è lugubre, ci sono momenti inquietanti, come buona parte delle scene dell’infanzia di Kevin (Jasper Newell).
L’attore è perfetto nella parte, e le poche parole che spiccica le pronuncia con un tono che ha quasi del diabolico, ricordando non poco il bambino di Omen – Il presagio (l’originale).
Scena emblematica è il momento in cui Eva, ossessionata dal pianto irritante di Kevin appena nato, è in strada col passeggino e si ferma in un cantiere dove un martello pneumatico copre per qualche secondo il “rumore” del pianto del piccolo.
Lì intuiamo che Eva si è pentita di aver dato al mondo quel figlio e abbiamo come la sensazione che anche Kevin se ne sia accorto quando capiamo che il pianto viene rivolto solo alla madre, mentre, quando lo tiene in braccio il papà, diventa un bambino “dolce”.
Lynne Ramsay, chapeau
Il film è ha una regia e un ritmo perfetto, tiene alta l’attenzione, anche se alcune scene potevano essere ridotte. Le ragioni che spingono il ragazzo a compiere l’atto sono la parte in cui il film è riuscito meno perché dopo che hai girato un film su un rapporto conflittuale tra madre e figlio, non puoi [SPOILER] addurre il motivo della notorietà e della fine di una vita noiosa e monotona al crimine compiuto. Se si voleva fare un finale del genere, si doveva impostare il film in maniera differente [FINE SPOILER].
Deludente Ezra Miller che non riesce a inquietare come Jasper Newell, mentre Tilda Swinton è meravigliosa e, in alcune parti, ha la capacità di tenere da sola il film.
Il resto del cast è senza infamia e senza lode, la loro performance non verrà certo ricordata per qualche motivo in particolare.
Film consigliatissimo che, forse, poteva spingersi oltre e dare qualcosa in più, specialmente perché un racconto su una madre che rifiuta il proprio figlio non è cosa che si vede spesso al cinema, e può dare sfogo a infinite possibilità e interpretazioni. Non che la Ramsay non ne abbia dati di spunti, però manca quel non so che per elevare il film allo status di cult.
See You Soon.
Roberto Manuel Palo
Voto: 3.5/5