Frontiers: Ai confini dell’inferno (Xavier Gens, 2007)

Frontiers: ai confini dell’inferno e del miglior horror francese

Essere incinta: sembra questo l’unico modo per sopravvivere nel mondo dell’horror. Specialmente quello francese, che sta sfornando buone pellicole. Tra queste si inserisce anche Frontiers: Ai confini dell’inferno di Xavier Gens, film del 2007 e ottimo esordio al lungometraggio di Gens dopo una carriera come regista di videoclip.

Il film si apre con immagini d’archivio di guerriglia urbana tra le periferie di Parigi a causa dell’elezione di un presidente di estrema destra. Nella confusione cinque ragazzi, tra cui una ragazza incinta, Jasmine (una bravissima Karina Testa), tentano una rapina ma vengono subito scoperti e inseguiti dai poliziotti.

La trama

Il fratello di Jasmine, Sami (Adel Bencherif) viene colpito da una pallottola e muore poco dopo in ospedale accompagnato da Jasmine e Alex (Aurelien Wiik), mentre Tom (David Saracino) e Farid (Chems Dahmani) alloggiano in un albergo vicino alla frontiera.

In questo albergo ci sono personcine strane come Gilberte (Estelle Lefebure), Klaudia (Amelie Dauren), l’ercolitico Goetz (Samuel Le Bihan), la timida Eva (Maud Forget), la mamma col tubo per ingerire gli alimenti (Rosine Favey), il poliziotto Karl (Patrick Ligardes) e il macellaio in carne, ma con la faccia simpatica Hans (Joel Lefrancois).

Tom e Farid vengono “caldamente” accolti e gli viene offerta una stanza, ma subito le cose si mettono male e i due entrano in un incubo senza fine. Successivamente anche Jasmine e Alex raggiungono Tom e Farid per poter fuggire in Olanda e trovano una bella sorpresa. Il Padre nazista Von Geisler (Jean Pierre Jorris) vuole far piazza pulita per far emergere la razza ariana, l’unica razza pura.

Un buon patchwork

Il film di Gens è lontanissimo dalla parola originalità: potremmo considerarlo un collage di varie pellicole, tra cui À l’intérieur (per il tema della maternità e della xenofobia) Non aprite quella porta, Hostel, Le colline hanno gli occhi e The Descent tra le più evidenti.

Ma è un collage ben riuscito e il regista ha la capacità di far aumentare, sequenza dopo sequenza, l’adrenalina, l’angoscia e la tensione, anche grazie all’ottima fotografia di Laurent Bares, alla colonna sonora di Jean Pierre-Taieb e all’eccellente montaggio di Carlo Rizzo.

Sangue e politica

Frontiers soddisferà anche gli amanti dello splatter che avranno a disposizione, oltre alla copiosità di sangue, ganci per appendere persone come dei salami e qualsiasi tipo di arma da macellazione, più un paio di scene che io chiamerei Scene OH, YEAH! YES! YES! (vi assicuro che sono decisamente meritevoli). Bisogna aspettare 90 minuti per vederle ma ne vale la pena, anche perché in quei 90 minuti ne succedono di cose: il film non si fa notare certo per la noia, fortunatamente.

Lo sfondo politico è chiaro, a partire dal sentimento di xenofobia profondamente legato alla maternità (come succedeva anche in À l’intérieur) per passare al nazismo del Padre. Lo stesso inizio del film con la guerriglia urbana in atto è palesemente un atto d’accusa verso un certo tipo di governo. Anche se non si fanno mai nomi precisi, i riferimenti sono chiari per chi conosce un pizzichino la politica francese attuale.

Alto livello

L’uso alternato di riprese amatoriali (come quelle dei disordini in periferia e le riprese al buio di Farid) e di precisissime inquadrature, come i campi lunghissimi e i lenti carrelli all’indietro, impreziosiscono ulteriormente il valore tecnico di questa pellicola, che è di assoluto livello.

Questo primo lungometraggio di Gens esce dopo il suo secondo lungometraggio, Hitman – L’assassino. Lo consiglio vivamente, Gens entra di diritto nel novero dei registi francesi emergenti nel cinema horror a fianco di Xavier Palud, David Moreau, Alexandra Aja, Alexandre Bustillo e numerosi altri, e bisogna tenerlo d’occhio. L’ultimo suo progetto è The Divide, che sembra confermare il talento del regista dalle voci di corridoio. Chapeau.

See You Soon.

Roberto Manuel Palo

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