La magia dell’anima gemella – di Francesca Fichera.
Difficile far parlare loggettività quando a dialogare attraverso lo schermo è un universo di affetti atavici che richiamano antiche magie. Lanima gemella, sesto lungometraggio del regista italiano Sergio Rubini, è un esempio trascurato, passato in sordina nellItalietta amica del rumore, di fine messinscena amorosa dedicata allincantesimo dei sentimenti e a quello, meno intermittente, di unumanità immersa nel lato selvatico della natura.
Il triangolo sì
Rubini è un puparo innamorato della terra natia, la Puglia, da lui trasformata in miracoloso sfondo per il suo teatrino di marionette e triangoli passionali. Di questi, due son gli estremi femminili, uno quello maschile: la luminosa, vibrante Valentina Cervi nei panni di Teresa, viziata e arrogante figlia dei potenti del luogo, che intende a tutti i costi rubare alla bella cugina Maddalena – uninsipida ma procace Violante Placido – lamore e le attenzioni di Tonino (Michele Venitucci).
Le nozze combinate dalla famiglia della ragazza servono a poco: Tonino, sincero ascoltatore del cuore, abbandona Teresa sullaltare e fugge con Maddalena. La reietta, isterica e disperata, si rivolge allora alla fattucchiera del paese, madre del barbiere Angelantonio (Sergio Rubini himself), affinché risolva la questione ed esaudisca il suo desiderio con le arti magiche. Da lì, lasciandosi alle spalle le atmosfere cupe e grottesche iniziali, il racconto srotola il suo gomitolo lungo un incantevole, soleggiato, selvaggio percorso fatto di inseguimenti, soste notturne, tuffi nel mare, duelli, ritrovamenti.
Dalla Puglia con amore
Ne L’anima gemella la Puglia è protagonista, primadonna più nuda delle attrici: una Gallipoli spogliata dal coinvolgente susseguirsi di quadri ampi, panorami bagnati di luce, la cui esperienza si estende a tutti e cinque i sensi, tanto che alle narici sembra quasi arrivare lodore derba bruciata dallestate, e alle mani di sentire la leggera morbidezza dei soffioni, batuffoli ammiccanti ai bordi delle mulattiere.
Il Sud è ritratto con sguardo infantile, sorridente compassione, lungi dalla dolorosa lucidità del futuro La terra (2006), ma non per questo manchevole di schiettezza, sincerità, senso critico. Colorita e funzionale è la rappresentazione degli autoctoni, meno riuscita quella delle figure universalizzate degli amanti: supera la prova soltanto la Cervi, sulle righe prima, fra le righe poi, bravissima a significare lo scambio danima conclusivo, quello che la renderà familiare agli occhi di Tonino.
Familiare è, qui, sinonimo di riconoscibile, e ne Lanima gemella di Rubini si riconosce il legame in ogni sua accezione: non solo attaccamento, non solo passione, ma soprattutto ricordo, rievocazione, dono di esalazioni marine e sognanti melodie daltri tempi. La dolce eco di un mondo sommerso da riconquistare, al pari di un’anima che, fra le apparenze, si è smarrita.
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