La foresta dei pugnali volanti - CineFatti

La foresta dei pugnali volanti (Zhang Yimou, 2004)

Lo Zhang Yimou che non si rimpiange nella foresta dei pugnali volanti

Corre l’anno 859 d.C.: la dinastia imperiale a capo della Cina è in declino, come le certezze. Mei (Zhang Ziyi), abile danzatrice cieca, è sospettata di appartenere al gruppo ribelle dei Pugnali Volanti.

Jin (Takeshi Kaneshiro) e Leo (Andy Lau) delle truppe militari di Feng Tiang ordiscono un inganno contro di lei al fine di scoprire e sgominare la setta di guerrieri. Ma – verrebbe da dire come previsto – ci si mette di mezzo l’amore: simulato, taciuto, esplosivo.

Come mille semi che colpiscono un tamburo.

Il paesaggio delle emozioni

Zhang Yimou torna nelle vesti di maestro del landscape emozionale: la sua originalissima interpretazione del wuxiapian – il genere cappa e spada alla cinese – con voli plastici e movenze al limite dell’umano, si riconferma a due anni di distanza dall’uscita del precedente Hero.

Ma qui forse c’è troppo colore, eccessivo artificio, un’esasperazione della forma tale da muovere l’interrogativo (del tutto lecito, checché ne dicano i critici) se sotto la splendida crosta ci sia o meno un tesoro da trovare.

Certo, le prove attoriali dei tre protagonisti – su tutti Andy Lau – risultano impeccabili; come pure le coreografie d’eccezione elaborate da Siu-tung Chin, l’iridescente fotografia di Zhao Xiaoding, i commenti musicali (talvolta struggenti) firmati da Shigeru Umebayashi.

Ma c’è un ma

Tuttavia in ogni perfezione che si rispetti il difetto è nella norma. La foresta dei pugnali volanti pecca nella distanza: il suo ostinato barocchismo delizia fino a stordire, confinando lo spettatore alla dimensione passiva di fruitore di un’opera d’arte ritratta in un libro.

Alla fine con la neve pare non possa scendere altro che un’implacabile nostalgia per lo Zhang Yimou di una volta: quello, per intenderci, dell’imponente e crudo racconto di Lanterne rosse.

Francesca Fichera

Un pensiero su “La foresta dei pugnali volanti (Zhang Yimou, 2004)

  1. Non è il miglior Yimou,ma rimane sempre grandissimo cinema.Memorabile se confrontato con il livello piatto di quello occidentale,(nel quale a stupire nel senso alto del termine,a mio avviso è rimasto solo un Von Trier,che piaccia o no),nondimeno il grande Zhang si rifarà con lo splendido La città proibita ,una somma dei due film precedenti
    Certo anche io preferisco Yimou quando girava pellicole come Sorgo Rosso,con il finale epico e peckinphiano, Lanterne Rosse e Non uno di meno.Però anche nel cappa e spada si dimostra ottimo
    ps:dimenticavo ha diretto anche la presentazione delle olimpiadi cinesi!

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