I Love Shopping (P.J. Hogan, 2009)

I Love Shopping (ma il film no)

Le favole di una volta, quelle che, per intenderci, qualche genitore si prendeva la briga di leggere ai bambini sotto i dieci prima di andare a dormire, possedevano la caratteristica di arrivare a una morale forte e veritiera attraverso l’arte della semplicità narrativa.

Il senso era ovvio, mai banale però.

Che col tempo questa abilità sia andata persa?

I lettori del best-seller di Sophie Kinsella potrebbero dire che sì, nei racconti della loro beniamina il succo c’è, e anche la morale. Viene allora da domandarsi se nella trasposizione cinematografica di I Love Shopping sia stato fatto qualche taglio di troppo, andando ad inficiare l’intera struttura di quella che si può (tristemente) considerare una favola moderna.

Identikit di una shopaholic

Sulla scena abbiamo Rebecca, giornalista e shopping-dipendente indebitata fino ai capelli (sempre freschi di piega). Alle sue spalle due genitori che hanno improntato la propria vita e quella della figlia alla parsimonia e al rispetto di pochi, saldi valori.

Sullo sfondo giganteggia il grande e indiscusso protagonista, il mondo del fashion business, con i suoi microcosmi inarrivabili racchiusi in vertiginose torri di vetro, donne perfette che ancheggiano e spietate redattrici affette da snobismo cronico.

Non è Il diavolo veste Prada, ma ci va vicino. Se non fosse che la protagonista è una bamboccia dalla profondità psicologica di una pianta di felce e l’espressività di un surgelato: Isla Fisher, nei panni della rossa Becky che tenta la scalata dell’inaccessibile grattacielo, fa decisamente rimpiangere la dolce Anne Hathaway del film di David Frankel.

Quel che resta della morale

Nella sua totale assenza di pretese la pellicola di Paul J. Hogan riesce a dare meno di ciò che il trailer aveva promesso: più che risate provoca noia, imbarazzo, quasi fastidio.

Quel che resta della morale insegna che l’arrivismo è legittimato dalla faccia tosta e che, da un giorno all’altro, è sufficiente fare beneficenza e scusarsi con amici e parenti per estinguere i propri debiti. Se si è fortunati, si trova anche il partner ideale con cui convolare a nozze quanto prima.

Basta che funzioni?

In casi simili fa male vedere che un’attrice di talento come Kristin Scott Thomas si sia concessa, seppure in un piccolo ruolo, alla realizzazione di cotanto scempio. Ma, si sa, i soldi tirano più delle vetrine della Quinta Avenue. E il prodotto, finanziato dall’onnipresente Jerry Bruckheimer e corredato di fotografia (Jo Willems), costumi (Patricia Field) e colonna sonora all’ultimo grido, finisce col funzionare.

Anche l’occhio vuole la sua parte, diceva qualcuno: I Love Shopping sembra non poter coinvolgere altri sensi.

Francesca Fichera

Voto: 1/5

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