Le vittime del signore nel dignitoso racconto di François Ozon
Vi siete svegliati anche voi con quel sottile desiderio di grattare le gengive sul marciapiede? Benissimo, se desiderate farvi del male su Sky Cinema (e dunque Now TV) potrete vedere uno degli ultimi film del regista francese François Ozon e provare alcune fra le più interessanti emozioni dell’essere umano: vergogna, disgusto, ribbrezzo. Sto scrivendo di Grazie a Dio, resoconto delle vicende che hanno portato un gruppo di uomini over 40 a denunciare padre Bernard Preynat, sacerdote colpevole di aver molestato decine – se non centinaia – di bambini grazie alla sua posizione di potere su di loro.
Descriverei Grazie a Dio con un termine: dignitoso. Se ascoltassi gli stimoli al nervo vago ricevuti frequentemente dalla narrazione, sarei portato a promuovere a pieni voti un film che comunque non si distingue per forma. Eccelle nei contenuti perché la sceneggiatura scritta stesso da Ozon esalta le qualità dei tre personaggi “protagonisti” evitando sensazionalismo, colonne sonore a rimarcare le scene pregnanti. Grazie a Dio mostra anzi un discreto distacco quando le emozioni prevalgono sulle persone, talvolta allontanandosi o addirittura arrischiandosi sul trono di un forte dubbio serpeggiante.
Padre innaturale
La storia ambientata a Lione comincia con il cattolicissimo Alexandre (Melvil Poupad) desideroso di porre fine alla macchia sulla sua incrollabile fede nella Chiesa: le violenze subite oltre 30 anni prima da padre Preynat. Ovviamente, la Chiesa desiderosa di insabbiare la faccenda, accoglie la pecorella impaurita nella speranza che un incontro tra vittima e carnefice riporti la pace nel potenziale denunciatore e spazzi via ogni chance di rendere pubblica la notizia. Alexandre, per carità, propende per questa opzione, ma accade l’inatteso da parte di un uomo di Chiesa: Preynat non chiede perdono.
Principio portante della fede cattolica, ignorato da un uomo che mai ha nascosto la sua natura predatoria, il perdono non richiesto si tramuta nell’ossessione di Alexandre, deciso a portare la questione ai piani alti, dal cardinale Barbarin (François Marthouret). La cordialità non manca, continua a essere assente però un’idea di giustizia o la richiesta di perdono, rendendo necessario il gesto finale: Alexandre deve denunciare l’accaduto alla polizia, anche se lui stesso non può muovere alcuna accusa essendo il caso ormai prescritto. Grazie a Dio è stato prescritto, dirà Barbarin in una gaffe durante una conferenza stampa.
Volendo potrei proseguire nel raccontarvi la storia, è realtà non finzione, dunque non vi toglierei alcunché facendovi degli spoiler. Ritengo però sia utile percorrere la strada di Alexandre sino alla sua conclusione, perché Ozon dà un grande risalto alla personalità del trio, costituito in seguito, oltre che dal primo incontrato, da François (Denis Ménochet, fenomeno) ed Emmanuel (Swann Arlaud in panni assai complessi da gestire). È un modo eccellente per non standardizzare le vittime, differenziandole nei loro successi e fallimenti nella vita. Li accomuna solo il dolore, da cui nessuno si è liberato.

Il rintocco fatale
È questo il messaggio distribuito, Grazie a Dio non ne fa una questione di classe pur evidenziando la sfortuna di Emmanuel, unico fra le vittime ad aver avuto una vita disgraziata fino in fondo e del resto fra coloro che han subito le peggiori molestie, Ozon vuole farne una lotta all’istituzione ecclesiastica. La mia domanda è: come può essere altrimenti, quando osserviamo ripetutamente, qualsiasi Papa sia nelle stanze del Vaticano, la stessa inazione da parte della Chiesa? Ne consiglio la visione, possibilmente insieme ad altri film chiave sul tema: il documentario Deliver Us from Evil e l’Oscar Il caso Spotlight.
In realtà sulla violenza della Chiesa c’è l’imbarazzo della scelta, persino due film agli antipodi come Philomena e Magdalene potrebbero essere adatti, sono sempre più rare invece le pellicole che riescono ad esaltarne i pregi senza in qualche modo edulcorare i fatti. Penso al chiacchierato I due papi di Fernando Meirelles. Grazie a Dio però è diverso, perché raccontato esclusivamente dalla punto di vista delle vittime, sono loro gli occhi attraverso cui guardiamo stupiti la sofferta interpretazione di Bernard Verley, l’attore a cui è toccato il ruolo del terribile Preynat. Se avete stomaco, guardatelo, fino in fondo.
Personalmente mi rimarrà impresso un primo piano di Josiane Balasko, interprete di Irène, madre di Emmanuel. Donna con la morte negli occhi, distrutta dall’orrore vissuto dal figlio. Con dignità ammette una colpa che non le appartiene davvero, con dignità siede in un angolo per non prendere la luce che tutto sommato le spetterebbe, in un angolo finché non può agire e farsi carico del dolore altrui, così simile a quello che non ha potuto evitare al figlio Emmanuel. Ecco, vedete, da un film del genere è facile lasciarsi trasportare, ma è giusto anche così. È un tema che ci riguarda tutti e non va ignorato.

È uscito anche in Italia? Lo vidi qualche tempo fa qui in Spagna e concordo a pieno col tuo giudizio, dignitoso, nulla di più, nulla di meno. Da vedere, questo è sicuro!
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Sì, come scrivevo è su Now Tv, ma uscì anche nei cinema, credo nel 2019. All’epoca non potevo andare in sala e me lo persi, ma ora l’ho felicemente recuperato. Per me già il fatto che sia dignitoso è ottimo, visto il tema è forse l’aspetto più importante.
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So, il tema è la ragione principale per vederlo. D’altronde l’idea era di fare un documentario, poi cambió in corso d’opera e diventò un film basato su fatti reali (e si nota, specie nella prima parte così verbosa con le lettere effettivamente scambiate tra i protagonisti della triste vicenda).
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