Wrestling contro la gentrificazione di Tonga
Chi definisce the Legend of Baron To’a un brutto film forse non arriva dalla recente visione del capolavoro Attack of the Giant Blurry Finger. In ogni caso si tratta di un’ingiustizia perché ogni critica al debutto di Keil McNaughton sarà ovviamente derivata dal confronto coi fratelloni nord americani, se non peggio, Screen Anarchy addirittura lo paragona non so su quali basi al genio di Stephen Chow e al talento di Taika Waititi. Vi dirò, the Legend of Baron To’a vale la pena di essere visto esattamente per ciò che è: una commedia d’azione low low budget.
A parer mio, per essere tale fa un figurone e il regno di Tonga può esserne fiero. È ambientato nel Cul de Sac olandese sull’isola di Tongatapu dove Fritz To’a fa ritorno dall’Australia per un non meglio identificato progetto di gentrificazione dell’area suburbana in cui crebbe sotto la guida del leggendario wrestler Baron To’a. Il suo rispettatissimo padre morì troppo giovane per un attacco cardiaco, ma non prima di aver vinto il campionato americano di wrestling e il cuore dei suoi concittadini da cui era rispettato e amato oltre ogni misura.
Il vuoto lasciato dal Baron To’a non fu mai colmato: Fritz in Australia per studio e lavoro quando torna trova una florida micro-criminalità ben pasciuta dal leader dei pig hunter Tahu, l’agente del distretto Wayne fare i porci comodi suoi e suo zio Otto perso in un vortice di ricordi e nostalgia per la leggenda del fratello campione. Come ogni classico arco narrativo che si rispetti, Fritz con l’aiuto dei suoi vecchi amici riporterà la giustizia nel quartiere e con molta probabilità abbandonerà anche i progetti di gentrificazione. E vissero tutti felici e contenti…
Le buone ragioni
Spoiler? Vabbè cliccare su play e aspettarsi da the Legend of Baron To’a una sorpresa di qualsiasi genere conoscendo le premesse sarebbe assolutamente folle. McNaughton non mi ha riservato nemmeno mezza sorpresa, la narrazione scorre liscia come l’olio perché i binari su cui viaggia sono stati oliati letteralmente da migliaia di film prima del suo. Perché diamine allora guardare the Legend of Baron To’a, me lo chiedevo anche io prima di farlo dopo aver letto qualche recensione, perché perdere tempo quando bisogna ad ogni costo seguire le mode del momento.
Perché le coreografie sono ottime.
Perché ha un umorismo troppo sfizioso.
Il protagonista è un manzo da fare invidia agli Hemsworth, l’australiano di origini tongane Uli Latukefu. Le sue qualità da attore sono inversamente proporzionali alla grandezza dei suoi pettorali, ma proprio come il suo compaesano (anche gli Hemsworth sono australiani) brilla nei momenti comici e a differenza di Chris ha potuto giocare con delle coreografia davvero niente male. È una action comedy the Legend of Baron To’a e va detto che entrambe le sue anime sono ampiamente rispettate: leggerezza ce n’è in quantità e azione ancor di più.

Azione a tutto campo
Pur avendo un budget abbastanza ristretto, Keil McNaughton si è potuto permettere tre nomi eccellenti per le coreografie: Augie Davis alla coordinazione degli stunt, Andrew Stehlin alle coreografie e chicca delle chicche Tim Wong come action consultant. Un uomo che prossimamente vedremo in alcuni fra i progetti cinematografici più atteso nel mondo: The Suicide Squad, la Fengshen Trilogy e il prossimo George Miller in arrivo, Three Thousand Years of Longing. Volendo citare qualcosa di recente, Tim Wong ha lavorato su questo dolce piccoletto.
Non essendo mia abitudine leggere il nome di ogni cristiano nella troupe di un film, le mie aspettative sull’azione rasentavano lo zero e mi ero anche abbastanza convinto che sarebbe stata assai ridotta a favore degli elementi sentimentali. Madornale errore direbbe Jack Slater. Nessuna storyline romantica e azione di altissima qualità rispettata a dovere dal montaggio di Carly Turner, qui al suo esordio in assolo dopo una carriera da assistente. Convince subito con la fluidità dei movimenti del primo scontro Fritz To’a vs “Robocop” Wayne.
Se poi amate delle sagaci ed eccessivamente eloquenti one-liner allora the Legend of Baron To’a avrà quel guizzo casuale che vi darà modo di sorridere. Quelle tre ore perse a parlare del rispetto della regola aurea dei connotati di uno scagnozzo durante un combattimento per me è stato un gran momento. Quasi quanto l’uso della piccola Lacey come prop nello scontro col villain finale. Anche lui telefonatissimo, però, cavolo, ne sono volate di mazzate e se qualche volta si vedeva che erano finte, poco importa, la qualità generale è sopra la media.
Arrivo in fondo a consigliarvi di guardare the Legend of Baron To’a per deviare dal flusso di film *messi in watch-list* per stare al passo col prossimo. È una leggera brezza che non sarà ricordata nemmeno fra un anno secondo me, ma quant’è vero Grande puffo, certe volte fa proprio bene godersi qualcosa senza dover avere l’ansia di ricordare o consigliare caldamente a chiunque. Anche noi cinefili abbiamo diretto ad andare via dalla pazza folla, o no?

p.s. Uli Latukefu si prepara a diventar “grosso”, sarà infatti uno dei tre protagonisti della serie Young Rock in arrivo sulla NBC il prossimo 16 febbraio. La sit-com è ispirata all’infanzia e alla gioventù di Dwayne “The Rock” Johnson e Latukefu interpreterà il wrestler nella fascia d’età 18-20 anni. Latukefu ha la bellezza di 38 anni.