Il puntuale film-metafora per far gli occhi dolci agli Oscar
Inizio a credere il Covid-19 abbia fatto un favore alla carriera di Tom Hanks. Credetemi, non credo la sua filmografia sia immacolata – the Circle nel 2017 fu un piccolo œrrore – ma questo 2020 è stato un bene le sale se lo siano risparmiato. Sarà anche vero che Greyhound ha rotto ogni record di streaming su Apple Tv+ ma la qualità generale era di un DTV quale fu USS Indianapolis con Nicolas Cage. Oggi di questo News of the World nemmeno ho buone parole da spendere, rappresenta il puntuale il film storico che funge da metafora dei giorni nostri.
Il regista Paul Greengrass non è chissà quale fenomeno della macchina da presa, ha all’attivo qualche ottimo film e una marea di scialbi action movie ispirati fuori e dentro la saga di Jason Bourne. In Notizie dal mondo la sua mano è irriconoscibile: Captain Phillips e United 93 avevano un ritmo sincopato, la camera a mano produceva l’urgenza della situazione cl suo tremolio, ma Notizie dal mondo no. Greengrass non ha idee e forse solo l’obiettivo di tornare in gara agli Oscar dopo essersene allontanato dai tempi in cui calpestò il red carpet proprio con Tom Hanks.
Retorica, retorica ovunque
La storiella di Notizie dal mondo è equiparabile a una minestra insipida che se ha un valore è solo quand’è calda. Tom Hanks è un ex capitano dell’esercito Confederato – si è battuto per la parte sbagliata – riciclatosi in lettore delle notizie dal mondo. Raccoglie quotidiani e per 10c a persona, legge le notizie nei paesi abbandonati da Dio e dal presidente di allora, Ulysses S. Grant. Sono trascorsi cinque anni dalla conclusione della guerra civile, ma il risentimento nella popolazione è ancora forte: gli stati del Nord America non sono ancora davvero uniti, le divisioni sono forti.
Ed ecco che bighellonando da un paesuncolo all’altro il nostro Kidd s’imbatte in un nero impiccato (dai Texas first!) e in una ragazzina biondissima che paradossalmente capisce solo la lingua Kiowa, tribù nativa dell’Oklahoma. “Sì ma io non so come si trattano i bambini” di qua e “no ma io non ne voglio sapere nulla” di là, sorpresona, Kidd decide di prendersene carico e di portarla in prima persona dalla sua restante famiglia, degli zii a 400 miglia di distanza. Perché i suoi genitori sono stati uccisi dai Kiowa, e i Kiowa che l’avevano adottata, uccisi a loro volta.
Lei si chiama Joanna e cos’altro è se non una metafora del popolo statunitense: una bambina di origini tedesche nel democratico e razzista sud degli states con più affetto verso i nativi che per gli americani. È una bambina che rappresenta il multiculturalismo degli USA e il genitore putativo Kidd il passato che deve riconoscere la pluralità del suo paese. Per fortuna pur essendo un ex confederato, Kidd non è dipinto come il classico omaccione un po’ razzista e un po’ sessista che poi si ricrede, è un brav’uomo nato dalla parte sbagliata del mondo, né più né meno.

Un tanto al chilo
È il consueto personaggio imperfettamente buono di Tom Hanks, come siamo abituati a vederlo: pronto a battersi per la giustizia dopo averti squadrato per tre ore col suo sguardo indagatore. In questo lui è sempre bravo, c’è poco da fare, ti racconta un personaggio con un rapido incrocio di sguardi; dai a Hanks anche la più banale delle battute e lui saprà dargli profondità, purtroppo però non è mai stato quel genere di attore capace di trascinarsi un film intero sulle sue spalle. Ma perché non ne ha mai bisogno, dato è il talento con cui si sceglie sceneggiature di ottimo livello.
Quella di Greengrass scritta insieme a Luke Davies è fin troppo raffazzonata per trovare un appiglio qua e là negli USA trumpiani. Fatto sta che Davies agli americani piace, lui che ha sceneggiato il buon Lion – sì, ma nulla da saltare di gioia – e il meh Beautiful Boy, ma raccontare il presente con una retorica spicciola ai miei occhi è come prendere il pubblico per stupido. Eccolo il bifolco che urla Texas first! a cui manca solo il cappellino MAGA, oppure il potente di turno che vuole diffondere le fake news (!) autoprodotte per tenere il popolo sotto il suo giogo.
News of the World è tratto da un romanzo di Paulette Jiles e magari è tutto frutto dell’autrice originale, per carità, ma poter riscrivere per il cinema ed essere così didascalici è un peccato ancor più grave dell’esserne il primo autore. Su Greengrass vorrei davvero dire dell’altro: non pervenuto. Altro proprio non saprei che scrivere, così come lui non ha in effetti saputo cosa dire con la sua macchina da presa. Concludo solo con una speranza: scritto e uscito in tempo per gli Oscar, spero proprio non ci andrà solo perché Tom Hanks ne è il protagonista. Ed Helena Zengel non è la bambina prodigio dell’anno (si sa che deve essercene sempre uno/a) ma solo una decente co-protagonista.

Un vero peccato, sembrava un film molto interessante e sicuramente un film atipico per Greengrass (quando ho visto il trailer non sembrava per niente il suo stile, una cosa che mi ha sorpreso non poco). Nonostante ciò voglio comunque provare a dargli un’occhiata per curiosità. Ottima recensione!
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Atipico davvero per Greengrass. Non sono un suo fan, ha diretto dei film che mi sono piaciuti, ma in linea di massima non vi vedo un progetto generale con un messaggio da raccontare. Questo sembra, come ho scritto, il classico compitino da presentare agli Oscar. Sicuro vedilo, poi mi farai sapere. In ogni caso resistere a Tom Hanks è difficile, quell’uomo è stato per me sempre una garanzia di qualità, questo 2020 però davvero gli è andato giù male.
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Dubito di Tom Hanks da parecchi anni. Grazie per avermi risparmiato questa visione.
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Non riesco a guardarlo ancora con diffidenza, ma è vero che la qualità dei film con lui protagonista o alla produzione sta calando vertiginosamente, sì.
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E’ un bravo attore sicuramente, ma ormai vive del su stesso cliché, così come i film che sceglie di interpretare. La cosa tremenda è che tutto funziona perfettamente, anche i suoi ultimi lavori, ma non c’è un briciolo di emozione. Tutta tecnica e niente cuore.
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In questo caso nemmeno la tecnica e il cuore arrivano a dargli un senso. Mi sa che l’ultimo film in cui mi sia piaciuto davvero è Il ponte delle spie. Sicuramente nel mezzo è uscito qualcos’altro di sfizioso – non Toy Story 4 che purtroppo non mi è piaciuto – ma nulla di memorabile. Ecco, sono andato a controllare e in mezzo ci sono stati Sully e the Post, due film che mi sono piaciuti molto, ma nulla a che vedere con grandi classici del passato. Però the Post vorrei rivederlo, non è che ne rimasi chissà quanto colpito, per essere un film di Spielberg con anche Meryl Streep protagonista.
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