Il conflitto di classe è uno scontro cannibalico in Rimetti a noi i nostri debiti.
Insieme grande pregio e difetto del cinema nostrano è la sua ossessione per la situazione sociale in cui versa il paese. Ogni evento economico e di cronaca è trasposto sullo schermo per esser consumato spesso senza che segua alcuna espressione di condanna o accettazione, se non piena di retorica. La prima produzione cinematografica Netflix, diretta da Antonio Morabito, Rimetti a noi i nostri debiti segue solo i pregi di questa dinamica tutta italiana.
Il protagonista è il crescente tasso di famiglie e individui rientranti nella percentuale di italiani nella povertà assoluta. Senza via di scampo, indebitati fino al collo, sono vittime dal momento in cui hanno contratto un debito fino alla morte. Questo lo sa Franco (Marco Giallini) cinico e spietato dipendente di un’agenzia di riscossione crediti, la stessa in possesso del debito di Guido (Claudio Santamaria), informatico vittima della crisi di tanti anni fa.
È il sistema!
Il consiglio riaffiorerà sempre, sappiatelo, perché va visto. La legge della tromba (1962) di Augusto Tretti con un fiume di feroce ironia si concluse con una massima rimasta impressa nella mia memoria: “è il sistema che non funziona!”. Sistema, una parola che ricorre più volte in Rimetti a noi i nostri debiti nella sua critica anti-capitalistica in cui la povertà è chiaramente vista come un prodotto dell’ideologia economica alle fondamenta della nostra società.
Al contrario di molti suoi contemporanei, Morabito affila unghie e denti nel dipingere il vuoto morale a cui si aggrappa Franco con disperazione, lo stesso in cui Guido è scaraventato suo malgrado dalla necessità di estinguere il debito. Colleghi di lavoro malvolentieri in una professione il cui vero obiettivo è a fare a pezzi qualsiasi briciola di umanità solo dal lato dei debitori. Il lavoro sporco è nelle mani dei debitori a cui è stato tolto persino il tempo.
Dov’è la punch-line?
Per quanto specifici sviluppi sottostiano alla consueta prevedibilità, in Rimetti a noi i nostri debiti non c’è bisogno di attendere un finale per apprendere la lezione scritta da Morabito e Amedeo Pagani e dunque il rischio di cadere nella delusione di uno spiegone inzuppato di retorica, frasi fatte e aforismi da sfondo motivazionale. La voce di Santamaria e le azioni deplorevoli sue e del collega interpretato da Giallini esprimono il senso del film dal primo minuto.
È la forza dei personaggi consegnati agli attori la chiave di lettura migliore, nella regia non si troveranno particolari momenti né sprazzi di genialità. Content is king in questa prima produzione originale Netflix tutta italiana – parliamo di film e non di serie ovviamente, Suburra ha il suo primato in quel settore – e per una volta è interessante scoprire una storia ben scritta, di moderata ambizione e affidata ai giusti mestieranti a disposizione, come Giallini dimostra.
Fausto Vernazzani
Voto: 3.5/5
L’ha ribloggato su Il salotto di Ceci Simoe ha commentato:
Il conflitto di classe è uno scontro cannibalico in Rimetti a noi i nostri debiti di Fausto Vernazzani per Cinefatti….
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