Quanto basta per una visione.
Quanto sale serve per dare sapore a un piatto? E per dare colore a un rapporto di amicizia nato per una forzatura? Quanto basta.
Poco importa se alla fine del film non ci è dato sapere se quel legame proseguirà e resisterà alla prova del ritorno alla quotidianità.
E poco importa anche che la sindrome di Asperger, protagonista non accreditata di Quanto basta, sia trattata paradossalmente come uno degli aspetti meno rilevanti. Più che sulla “neurodiversità” di Guido, a Francesco Falaschi interessa soffermarsi sulla diversità tra due caratteri e due modi di misurarsi con gli altri: quello cinico e sregolato di Arturo e quello diretto e senza filtri di Guido.
I due ingredienti principali
Arturo e Guido sono diversi ma simili. Ad accomunarli è l’incapacità (nel caso del primo) e l’impossibilità (nel caso del secondo) di adattarsi all’ambiente socioculturale che li circonda.
Arturo (Vinicio Marchioni) ha un talento speciale in cucina che però spreca tra risse e comportamenti aggressivi. Anche Guido (Luigi Fedeli) ama la cucina e, per dirla con Arturo, ha un naso assoluto che gli permette di indovinare all’istante ogni ingrediente.
Come si incontrano? Arturo, chef un tempo di successo, in seguito a una rissa deve svolgere servizio sociale in una comunità che ospita ragazzi affetti da disturbi dello spettro autistico. E Guido, un adolescente con la sindrome da Asperger, è uno degli ospiti del centro.
La giusta dose
Falaschi non è nuovo a trattare temi delicati. Già nel 2002 con Emma sono io affrontò il tema del disturbo bipolare. In questa nuova prova schiaccia con gusto l’acceleratore sui toni della commedia e pur senza inventare nulla di nuovo – in particolare alcuni snodi narrativi risultano decisamente scontati, a cominciare dalla prevedibile liason con la bella psicologa Valeria Solarino e dall’espediente del solito lungo viaggio in auto – riesce a farsi ascoltare con piglio diretto e lieve.
Non ci sono grandi colpi di teatro nella sceneggiatura scritta a quattro mani con Federico Sperindei, Filippo Bologna e Ugo Chiti, a fare la differenza è più l’intesa tra i due protagonisti, che già avevano condiviso il set in Cavalli nel 2011, due sensibilità che si scontrano e incontrano.
Come (una) piuma
Nel tratteggiare il suo Guido, Luigi Fedeli conferma tutta la grazia e la naïveté del Ferro di Piuma, senza mai cedere a facili esagerazioni. Così Marchioni non interpreta ma è Arturo: un uomo spigoloso e stropicciato che non riesce a godere dei suoi stessi successi.
È proprio lui però, cuoco dal passato burrascoso allergico ai suoi stessi simili, a fare breccia nella corazza di Guido, trattandolo senza pietismi e grandi riguardi. Scopriranno insieme durante un viaggio in auto verso un celebre Talent per aspiranti cuochi (un po’ l’equivalente del viaggio verso Las Vegas di Rain Man) di essere molto più simili di quanto gli altri non pensino. O di esserlo quanto basta.
Francesca Paciulli
Voto: 2.5/5