Marlina, omicida in quattro atti nell’Indonesia da far west.
Chiedimi Indonesia? e io risponderò The Raid. L’immaginario del quarto stato al mondo per numero di abitanti si riassume nella visione di un gallese del cinema d’arti marziali continentale, ma nell’immenso arcipelago c’è dell’altro e Marlina, omicida in quattro atti di Mouly Surya pur ispirandosi a un cinema lontano è un’ottima introduzione.
Aggiungi un posto a tavola…
Marsha Timothy (che in The Raid: Berandal ci ha lavorato) è la giovane vedova Marlina, coinquilina del cadavere mummificato del suo ex marito. È un giorno qualunque quello in cui riceve la visita di un criminale, presentatosi con fin troppa cortesia annunciando l’arrivo di sei suoi compagni per la sera e per allora non avranno buone intenzioni.
Dovrà onorarli con una cena degna di un ospite gradito, zuppa di pollo e caffé caldo. Dovesse avanzare del tempo tra il pasto e la rapina, Marlina è già avvisata, sarà anche vittima di uno stupro di gruppo. È il primo dei quattro atti di Marlina e come potrete immaginare, la protagonista non accetterà passivamente il suo destino.
L’evirazione del Far West
L’omicida in quattro atti di Mouly Surya ha l’estetica machista di un classico spaghetti western e un beffardo cuore femminista, ideato dal regista Garin Nugroho. A partire dal secondo atto il wide screen diventa un vezzo stilistico destinato a impallidire di fronte a immagini semplici ma dal significato profondo per la narrazione.
Marlina in stile Pazzi in Alabama viaggerà con la testa della sua vittima per costituirsi alla giustizia e nel farlo non nasconderà il suo “bagaglio” né l’intenzione di arrivare alla polizia senza interruzioni. È aperta al mondo e chi è donna come lei in quel territorio accetta la sua violenza come un fatto normale, accettato, forse persino necessario.
Contro il patriarcato
È il tocco bizzarro, un non-detto a parole e sbattuto in prima pagina sullo schermo con immagini semplici a rendere Marlina, omicida in quattro atti un’opera capace di raccontare più del consueto sul suo paese, dominato da una visione patriarcale nelle regioni meno avanzate come quella in cui Mouly Surya ambienta la sua storia.
Da non confondere con un rape-and-revenge né una semplice storia di vendetta, la Marlina di Surya si batte per se stessa prima ancora di subire alcuna violenza, ma cosciente di dovere affrontare le conseguenze.
È una sorta di colpevolezza-consapevolezza innata, presente in tutte le donne protagoniste, ma ciò non significa che una reazione sanguinosa possa essere pronta a saltar fuori per reclamare quanto spetta loro di diritto.
Fausto Vernazzani
Voto: 3.5/5