Neanche il tempo di finire di dirlo che arriva la smentita e il Far East Film Festival ci regala la prima visione da teletrasporto immediato. Una piccola costante delle rassegne cinematografiche che riesce comunque a stupire e, come nel caso di domenica sera al FEFF, assestare bene il suo cazzotto.
La cosa che sorprende un po’ è che finora tutte le delusioni – più o meno modeste – sembrano giungere dal fronte sudcoreano, da sempre una garanzia per il cinema di genere; aspetto che, almeno per quanto ci riguarda, aumenta di gran lunga la portata della nostra insoddisfazione.
Bluebeard: attenzione al Barbablù di Seoul
Dopo le mazzate di The Prison la Sud Corea, piazzata sempre in seconda serata per venire incontro agli animi stanchi del Far East, riappare sullo schermo con il più classico dei thriller a sfondo seriale. Così classico che si spappola con un grissino. Perché?
Perché Lee Soo-Youn ha impiegato più di dieci anni a scrivere una non sceneggiatura, amorfo e incomprensibile mix di famiglie strambe à la Texas Chainsaw Massacre, solitudini visionarie à la Barton Fink e che per molti versi – perdonate il parziale spoiler – ricorda Secret Window.
Inutile dire che la storia a dir poco intermittente traina con sé la regia spingendo allo sbadiglio facile e rendendo la intensissima interpretazione di Cho Jin-woong tristemente sprecata.
Voto: 1.5/5
Risollevarsi con Mr. Zhu
E se quei meriti che sentiamo di avere fossero fondati sul nulla? Il Mr. Zhu del titolo è un insegnante alle scuole elementari che sogna di salire di livello, ma il suo curriculum e la sua assenza di meriti reali lo fanno scontrare con la realtà della sua apatia nel quotidiano.Così in un’estate Mr. Zhu cerca di fare del suo meglio coi suoi colleghi e studenti, nuovi metodi e nuovo sorriso per rispolverare le proprie qualità nascoste a suon di strilli.
L’attore televisivo Song Haolin esordisce con un piccolo gioiello indipendente dalla Cina dei grandi blockbuster e inizia alla grande, con un montaggio sorprendente e un protagonista, Bo Sun, che di meriti ne ha invece a vagonate. Anche la storia, coi classici bambini carini, simpatici e bravissimi, colpisce grazie alla sua dolcezza e semplicità… pur cascando con un finale che trasuda pigrizia.
Resta comunque l’ennesimo esempio dei meravigliosi talenti che lottano per farsi notare nella Cina dei grandi mercati. Promosso.
Voto: 3.5/5
Spaghetti western in salsa orientale
Il regista Ho Yuhang è simpaticissimo, al punto da invitare chi non ha apprezzato la sua Mrs. K a venire a scriverglielo su Fb. Non sarà il nostro caso: a scanso di qualche riserva pensiamo infatti che questa grindhouse western comedy cominci col piede giusto e finisca ancora meglio.
Poche botte, è vero, ma stile, atmosfere e musiche – la nostrana Ballata del pistolero rielaborata per l’occasione – dimostrano un buon compromesso tra fedeltà ai modelli classici e visione personale dell’autore. Così la mancanza di polso e di ritmo nella parte centrale del film si lasciano perdonare almeno un po’.
E poi l’omaggio alle donne aggiunge un prezioso quid: siamo professioniste della sopravvivenza è una di quelle battute che difficilmente si scordano.
Voto: 3/5