Libere

Libere (Rossella Schillaci, 2017)

Libere, le donne della Resistenza.

L’immagine significativa che ho, vera nel mio ricordo, magari un po’ retorica, è l’arrivo dei carri armati tedeschi in piazza Castello.

A parlare è una donna anziana. Non la vediamo in volto, sentiamo solo la sua voce, forte, ferma. È una delle voci delle donne resistenti che la regista Rossella Schillaci ha recuperato dal passato per raccontare il movimento femminile durante la Resistenza.

Donne che – spiegano alcune di loro – affiancano la causa partigiana e scoprono il piacere dell’autonomia, superando un ruolo che a molte di loro va troppo stretto: quello di mogli, figlie. Donne che si emancipano, sperimentano la libertà, per necessità ma anche per una precisa volontà.

Libere di Rossella Schillaci, in sala dal 20 aprile, in occasione del 25 aprile e con la distribuzione della Lab 80 film è stato realizzato montando immagini e audio originali d’archivio: protagoniste sono le interviste alle donne Partigiane, tra cui spiccano alcuni nomi importanti come Joyce Lussu, Ada Gobetti, Bianca Guidetti Serra e Giuliana Gadola Beltrami.

La ricerca e il recupero delle testimonianze filmate e delle altre immagini (sequenze di film amatoriali, cinegiornali, volantini, documenti personali), effettuate presso l’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, hanno dato vita ad un racconto che, spiega la regista:

corrisponde al primo momento di risveglio del movimento femminile in Italia. Come disse Giuliana Gadola Beltrami – continua Schillaci – il femminismo è nato nella Resistenza e questo film in qualche modo racconta una Resistenza parallela.

Pezzi di storia

Spunto per la realizzazione del documentario furono proprio le parole di Ada Gobetti, medaglia d’argento della Resistenza, che intervenendo nel 1965 ad un convegno del Comitato di Liberazione Nazionale, chiese che si facesse luce su tutto quanto era stato fatto dalle donne durante la Resistenza. E sono proprio le donne a raccontarsi e a raccontare il motivo che le ha spinte ad unirsi ai partigiani.

Gli squadristi arrivarono a casa mia e ridussero mio fratello e mio padre in fin di vita. Questa cosa mi fece riflettere: perché solo gli uomini dovevano combattere? Arrivai così alla consapevolezza che nella rissa ci sarei andata anche io e non solo gli uomini

I tedeschi bruciarono casa nostra (…) Io mi salvai per ascoltare mia madre che mi diceva di scappare, andai in montagna e mi unii ai partigiani.

Nei filmati si vedono mani che cercano tra le foto, che scavano tra la polvere delle macerie; si sentono voci che ammettono di avere paura ma non abbastanza per tornare indietro. La paura si vive soprattutto nei momenti di attesa. «L’attesa non la sopportavo – ricorda una staffetta partigiana – ascolti i rumori, sei sola e pensi: ora vengono a prendermi. Mentre nei momenti di vero pericolo la paura passa. Il coraggio sta precisamente nell’andare avanti anche se si ha paura».

Ritorno al presente

Bambine con i nastri nei capelli e donne con i foulard annodati sotto il mento. Donne nelle fabbriche e sulle montagne. I bagliori e i boati delle esplosioni in cielo. I discorsi stentorei del regime fascista. Il primo voto femminile, con le vecchiette vestite di nero, al fianco delle giovanissime. Le immagini dei cinegiornali rimandano a un paese lontano, in bianco e nero. Che sembra però aver imparato poco dal suo passato. Perché per queste donne la parte più difficile nel dopoguerra, dopo aver assaporato tanta libertà, è anche il ritorno forzato alla dimensione privata e lo scontro a muso duro contro una società e uno Stato che non riescono a mantenere le promesse.

Quello che viene riconsegnato alle donne dopo la Liberazione è un Paese in cui per l’emancipazione femminile sembra non esserci spazio. E che riposiziona le donne in ruoli preconfezionati, con il marito o il parroco a indicar loro come votare. Donne che non possono prendere la patente (perché non ci vedi bene, dice il marito di una di loro) che si alzano alle quattro del mattino per recarsi in fabbrica e quando rientrano a casa devono ricominciare a lavorare.

Donne che volevano cambiare il mondo ma che si scontrano impietosamente con il ritorno alla normalità.

Francesca Paciulli

Voto: 3/5

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