Angoscia primordiale nell’atteso The Wailing di Na Hong-jin
Se penso al nuovo cinema coreano è inevitabile: nella memoria esplode un tuono, scatta un fulmine e i ricordi sono di colpo schiacciati da una pioggia scrosciante.
Oh Dae-su in Oldboy sparì in una notte di pioggia, Park Joon-hoon si batté nel celebre Nowhere to Hide in una Corea inzuppata, Lee Byung-hun in A Bittersweet Life come tanti altri prima e dopo di lui risorgono dalla terra bagnata come fossero fenici invertite.
Ma l’ultimo film di Na Hong-jin presentato a Cannes, The Wailing, dimostra ancora una volta come si tratti di una magnifica scelta di stile, estetica prima ancora che di un tempo pregno di significati.
La trama
A Gokseong (titolo originale) un temporale bagna una casa insanguinata: un uomo come impazzito ha fatto strage della sua famiglia martoriandone i corpi con decine di coltellate.
Il poliziotto Jong-goo come i suoi colleghi non è abituato, nella loro piccola città di provincia, a simili crimini: le indagini procedono senza particolari guizzi e tutto sembra rimandare a un giapponese solitario sulle montagne, protagonista di una lunga serie di incubi che affliggono Jong-goo. Intanto gli omicidi aumentano inspiegabilmente e la natura sovrannaturale di questi cresce come la stretta della possessione Hyo-jin, figlia di Jong-goo.
Non uno, ma tanti
È subito horror. Tuttavia Na Hong-jin non perde di vista la madre patria, il thriller dei suoi precedenti The Chaser e The Yellow Sea e tra possessioni demoniache, esorcismi in chiave tradizionale con uno splendido Hwang Jung-min (lo sciamano Il-gwang) e lotte che uniscono slapstick e gore, il regista inserisce gli elementi di alta tensione che lo hanno reso famoso in tutto il mondo.
The Wailing costruisce una fetta di goffa realtà con protagonisti per cui è possibile provare compassione, uomini e donne buoni con la paura e l’incertezza stampati sul volto in ogni singolo istante, sia nelle pause che nei momenti più duri.
Così Kwak Do-wan, visto in una lunghissima stringa di grandi successi come semplice comprimario, si conquista la sedia da protagonista con grandissimo onore. Il ruolo di Jong-goo è impossibile immaginarlo con altre superstar coreane come Song Kang-ho e Choi Min-sik: l’espressione bonaria di Kwak Do-wan è la chiave per aprire lo scrigno delle meraviglie che rappresenta The Wailing.
Non sono da meno altri due importanti co-protagonisti (oltre al suddetto Hwang Jung-min): Jun Kumimura, il presunto spirito maligno che riporta lhorror coreano ai tempi anti-colonialisti, e la piccola Kim Hwan-hee.
Il cinema coreano negli ultimi anni ha sfornato tanti, tantissimi film meritevoli di essere guardati, infatti ci riempie il cuore di gioia sapere come molti distributori italiani si stiano impegnando a portarli da noi, ma fate sì che The Wailing diventi il primo della lista.
I nostalgici penseranno al super-thriller di Bong Joon-ho Memories of Murder, altri alla crudezza di I Saw the Devil, ma non è questo il motivo. The Wailing sembra riesumare il Kim Ji-woon dei primi film, The Quiet Family e The Foul King, con lo scopo di portarlo nella Sud-Corea protohollywoodiana. Potrebbe essere l’alba di una terza ondata di grandi film sud-coreani? Perché no, ma già così ci dà tantissime soddisfazioni.
Fausto Vernazzani
Voto: 5/5