“Cara Emi”, scrisse De Sica – di Francesca Fichera.
Nel 2014, Alberto Crespi ha curato per Edizioni Laterza una raccolta di Lettere dal set, scritte da Vittorio De Sica alla figlia Emilia. Cara Emi, sono le 5 del mattino… è il titolo, ma anche l’inizio di un’avventura inconsueta: un viaggio nel lato invisibile di un’arte fondata sul vedere.
Lettera del 16 giugno 1964 (dal set di Matrimonio all’italiana)
Ieri, lunedì, sacrestia e matrimonio. La sacrestia e il corridoio sono stati affittati per un giorno al cinema per il compenso di 500 mila lire. I Padri Teatini che sono i padroni di S. Andrea della Valle passano nel corridoio, mentre gli elettricisti e i macchinisti fanno un chiasso del diavolo, con passo felpato e sorridenti […].
Nel cortile fa un fresco delizioso mentre fuori c’è la canicola. Le mura sono spesse e alte e il calore non penetra.
Il sacrestano che ho usato per la scena è il vero sacrestano della chiesa. Era rimbambito e portava un fazzoletto alla gola. Gli ho chiesto cosa avesse: “Ho mal di denti”. “E perché non va da un dentista?”. “E come faccio co”sti preti, che mi fanno veni’ alle 5 del mattino e me tengono qua fino alle 9 di sera. È peggio de ‘na caserma. C’è la disciplina peggio de là”.
C’è un undicenne che fa anche il chierichetto. Ha voluto gli autografi e mi ha detto che uno di quei preti che mi ha salutato con un grosso inchino è uno stupido. E alla fine della giornata ha dichiarato:
“È così il cinema?
Che disgraziati che siete! Dieci ore di lavoro, sempre a ripete’… a ripete’. Ma nun ve rompete i c…?”
