Come eravamo - CineFatti

Come eravamo (Sydney Pollack, 1963)

Quel che resta di Ciò che eravamo – di Francesca Paciulli.

Hubbel (Robert Redford) ha un ciuffo ribelle che non vuole saperne di stare a posto. Katy (Barbra Streisand) sfoggia un naso importante e una cofana di ricci che però non le impediscono, in mezzo a tante bellezze wasp, di conquistare il ragazzo più conteso del college.

Lui è un aspirante scrittore, bello come e più di una star del cinema, conservatore e benestante. Lei, ebrea, attivista della Lega dei giovani comunisti, brillante e intransigente, è sempre pronta a battersi per una causa politica in cui crede. In un arco temporale che va dalla fine degli anni Trenta ai primi Sessanta, si prendono e si lasciano. Prima come amici, ai tempi dell’università – dove lui gozzoviglia con gli amici e infrange cuori e lei per mantenersi lavora in una tavola calda – poi come coppia. Non ci sarà un finale lieto.

Ci si mettono di mezzo la vita, il cedimento (di lui) al compromesso e l’incessante ostinazione di Katy. In Come eravamo ancora prima dell’impegno (di cui è comunque permeato il film, con riferimenti all’attualità del tempo: la guerra, la lotta al nazifascismo, la caccia alle streghe in pieno maccartismo, il riarmo atomico), ci sono i sentimenti: l’amore e il dolore della separazione.

I due protagonisti si amano ma non riescono a stare insieme. Sono troppo diversi come troppo diversi sono i loro ideali, le loro idee. Lui è uno scrittore in cerca di approvazione e di fronte alle sirene di Hollywood non riesce a resistere, consapevole di deludere l’integerrima Katy. Perché, se con il passare degli anni, l’umanissimo Hubbel accetta di omologarsi e di aprirsi ad una esistenza fatta di sfumature, Katy continua a rappresentare l’animo più incorruttibile e idealista, quello che ammiriamo – anche il suo compagno – ma che in ogni circostanza della vita di tutti i giorni difficilmente riusciremmo a portare avanti.

Sceneggiato da Arthur Laurents (come numerosi colleghi tra gli anni Quaranta e Cinquanta inserito nelle liste della commissione McCarthy per attività antiamericane), il film rappresenta l’ennesima collaborazione del regista Sydney Pollack – garanzia di eleganza – con l’amico Robert Redford (solo l’anno prima avevano girato insieme il western Corvo rosso non avrai il mio scalpo) e la prima con Barbra Streisand, artista e diva a tutto tondo: cantante, attrice, regista e produttrice cinematografica. Non bellissima ma con un fascino reso unico dal talento vivace e mutevole. Talento che in Come eravamo emerge in ogni fotogramma: quando Katy smista volantini e finge di non accorgersi del fascino di Hubbel, quando Katy per amore di Hubbel accetta di trasferirsi a Los Angeles e le palme le mettono malinconia, quando Katy si sente sola in mezzo a produttori e sceneggiatori che parlano solo di soldi e successo.

Leggenda vuole che Barbra non perdonò mai a Pollack di aver tagliato alcune scene del film, in seguito ad una proiezione privata. Tra queste anche quella con cui si sarebbe compreso il vero motivo per cui Katy e Hubbel decidono di lasciarsi. Probabilmente proprio grazie a quei tagli, il finale di Come eravamo, con Katy che per l’ultima volta sistema dolcemente la frangetta dispettosa di Hubbel, è uno dei più struggenti di sempre. Non ci interessa sapere il motivo esatto per cui non possono più stare insieme, nonostante si siano amati tantissimo o forse proprio per questo. Ci resta pur sempre la loro storia d’amore. E una canzone (The way we were di Marvin Hamlisch e cantata da Barbra) a cui basta partire con le prime note per emozionare.

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