Victor: La storia segreta del Dottor Frankenstein - CineFatti

Victor: La storia segreta del Dottor Frankenstein (Paul McGuigan, 2015)

Victor Frankenstein è la bromance inaspettata tra Igor e lo scienziato di Mary Shelley – di Fausto Vernazzani.

Neanche il tempo di digerire il Frankenstein “fedele alla linea” di Bernard Rose che la distribuzione italiana già ci ha ributtato tra le pagine di Mary Shelley con un nuovo adattamento, ovvero il poco atteso Victor Frankenstein di Paul McGuigan, in Italia uscito col lungo titolo Victor: La storia segreta del Dottor Frankenstein per ammiccare quanto più possibile ai branchi immensi di origin story degli ultimi anni. Chi lo ha accolto con freddezza ai tempi della sua presentazione non si sbagliava: Victor è una gran delusione.

Il punto di vista è quello di Igor/Daniel Radcliffe, creatura del classico cinematografico di James Whale, non delle pagine originali, un gobbo pagliaccio con un talento naturale per le arti mediche. In un disperato giorno qualunque, la sua bella, la trapezista Lorelei/Jessica Brown Findlay, precipita a terra e solo grazie al suo intervento è salva: ad assistere all’evento non sono però solo i crudeli compagni del circo, ma anche il Dr. Victor Frankenstein, che in quel concitato momento ha avuto modo di aiutarlo nel salvataggio.

Victor/James McAvoy è uno scienziato con una gran dose di follia e guidato da essa libera il pagliaccio dalle grinfie del circo e lo trasforma in “uomo” togliendogli la gobba e dandogli il nome del suo scomparso ex-coinquilino, Igor, appunto. Tra quelle mura Victor svela al suo nuovo brillante amico la sua sfida a Dio: combattere la morte e dare la vita alla carne inanimata, un progetto lodevole destinato ad essere un clamoroso fallimento, un insulto a Dio (per il Detective di Andrew Scott) o un’opportunità.

McGuigan, adorato da tutti per Slevin – Patto criminale, con lo sceneggiatore Max Landis aggiunge qualche nota di originalità alla storia di Mary Shelley, abbraccia con sincera auto-ironia la celebre parodia di Mel Brooks (citandola in più di un’occasione) e punta con grande ambizione persino alla realizzazione di un franchise. Del resto, se Sherlock Holmes è stato resuscitato da Guy Ritchie, perché Radcliffe e McAvoy non possono ottenere lo stesso successo di Jude Law e Robert Downey Jr.? La risposta è già nei nomi.

 

Se dovessimo immaginare Victor come un essere vivente, sarebbe un cane scodinzolante che cerca di far di tutto pur di farsi piacere. Vuoi giocare a lanciare la pallina? Sì! Grattarlo sulla pancia? Diamine, sì! Il buon McGuigan sembra comportarsi allo stesso modo, tentando di dare allo spettatore tutto ciò che può desiderare: una moderna bromance tra il Dr. Frankenstein e Igor, una storia d’amore per l’ex-gobbo (col personaggio più piatto dell’universo, Lorelei), un passato tragico per il dottore e persino un combattimento finale.

Non siamo ai livelli di assurdità dello Sherlock Holmes di Guy Ritchie, il Dr. Frankenstein non è un esperto di combattimento – anche se come Downey Jr., anche lui ha le sue abilità esplicitate con qualche giochetto grafico -, però l’obiettivo è di somigliargli il più possibile. Ma Frankenstein non è mai stato un romanzo allegro, il classico gotico è difficile immaginarlo sotto un’ottica votata al divertimento e già I, Frankenstein dimostrò come questa strada al cinema fosse abbastanza ridicola. Ma, volendo, possiamo applaudire per il tentativo.

Del resto il difetto numero uno è Max Landis: la sceneggiatura non fa acqua, ma è costituita interamente da spiegoni noiosi.  La voce narrante di Igor racconta tutto senza lasciare nulla al caso (sappiamo di conoscere il finale della storia, ma non c’è bisogno di dircelo ogni due minuti), i background di Victor e del Detective sono raccontati da personaggi spuntati appositamente per questo scopo. Il villain (?) di turno, Finnegan/Freddie Fox o è fin troppo sincero o quando apre bocca è capace solo di svelare tutti i suoi piani. Dov’è il pathos?

Potremmo ora concludere con un plauso alle scenografie di Eve Stewart e ai costumi di Jany Temime, ma non basta. Victor è un’occasione sprecata, con piccoli pro a battersi con dei grossi contro, apprezzabile per alcune scene ben dirette, come la lotta finale con l’Ingegnere di Prometheus (chissà cosa ne penserà Neville Page) spacciato per il mostro di Frankenstein, deprecabile per il pessimo uso dei dialoghi e la tremenda caratterizzazione dei personaggi. Vien da chiedersi se si siano scordati di dare una personalità a Lorelei.

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