Ti Guardo (Lorenzo Vigas, 2015)

L’oro della Biennale Ti guardo, un premio meritato per l’America Latina – di Victor Musetti

Il Leone d’Oro dato a Lorenzo Vigas per il suo esordio Ti Guardo è un premio davvero coraggioso. Innanzitutto perché rende finalmente onore a un cinema, quello latino americano, che è sempre più protagonista della scena internazionale (Il Club, Chronic, El Clan, sono solo alcuni esempi di opere premiate l’anno scorso) ma al tempo stesso decisamente poco considerato dalle distribuzioni nostrane. Poi perché si tratta di un film inevitabilmente destinato a dividere il pubblico, sia perché affronta delle tematiche non proprio facilissime, poi perché utilizza un linguaggio narrativo e di messa in scena a tratti molto sperimentale, che risulterà facilmente indigesto agli spettatori più generalisti.

La storia ruota attorno ad un uomo benestante di mezza età, Armando (Alfredo Castro), che occupa buona parte del suo denaro e del suo tempo libero nell’adescamento di ragazzi per le strade di Caracas. Prima gli offre del denaro, poi li porta a casa sua dove li fa spogliare e si masturba guardandoli. Uno di questi ragazzi però un giorno gli si oppone con violenza. Elder, questo il suo nome, cerca di approfittarsi della sua debolezza e torna frequentemente a trovarlo per rubargli del denaro. Armando lo lascia fare, finché tra i due non comincia a instaurarsi un’intimità inattesa e, per certi versi, pericolosa.

Vigas ha dalla sua parte la collaborazione di alcuni pesi massimi del cinema latino americano. Innanzitutto Guillermo Arriaga, sceneggiatore storico di Iñárritu (Amores Perros, 21 Grammi, Babel), che qui è co-autore del soggetto. Poi i due collaboratori fissi di Pablo Larraìn, il direttore della fotografia Sergio Armstrong e l’Al Pacino cileno Alfredo Castro, qui in un ruolo che sembra scritto apposta per lui, il glaciale Armando, un uomo che vive come un fantasma, che osserva tutto con distacco assoluto e del cui passato irrisolto possiamo soltanto immaginare qualcosa sulla base di ciò che gli vediamo fare nel presente.

Si può dire che Ti Guardo è principalmente un film di regia e, quindi, di recitazione. La complessa storia scritta da Vigas e Arriaga è lasciata principalmente alle sfumature dei suoi personaggi, che non spiegano esplicitamente quasi niente della loro vita passata. Qualcosa ci è suggerito o accennato, ma il più ci è mostrato tramite le loro azioni, tramite il loro modo di reagire a determinati eventi. E questo contribuisce molto ovviamente al realismo della storia raccontata. Anche perché al centro vi è un rapporto tra un adolescente e un uomo di circa 50 anni decisamente complicato da portare sullo schermo.

Per non dare troppe risposte certe quindi Vigas costruisce anche la sua messa in scena per sottrazione, optando spesso per un numero decisamente esiguo di inquadrature e sfruttando una profondità di campo limitatissima per lasciare fuori fuoco tutto il mondo esterno al punto di vista del personaggio di Armando, che nei rari momenti in cui entra in contatto con la realtà che ha intorno si addentra nello sfocato e svanisce. Alla fine del film, che ha il grande pregio di durare solo 90 minuti, si rimane spiazzati perché tutto accade molto in fretta, ma anche perché non ci viene spiegato quasi niente. Vigas concede poco ai suoi spettatori, ma riesce a farne un suo punto di forza, perché il film finisce per sedimentare nella nostra mente a fine visione e si conserva nei nostri ricordi come un pezzo di vita vissuta.

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