The Fits - CineFatti

The Fits (Anna Rose Holmer, 2015)

È una grande sorpresa scoprire come il livello dei film selezionati e prodotti dal progetto Biennale College della Mostra del Cinema di Venezia sia migliorato di anno in anno. Già in anni precedenti erano stati partoriti film dal valore indubbio come Yuri Esposito, Memphis, Short Skin e H. ma mai come quest’anno si era avuta la sensazione di trovarsi di fronte a dei film dal tale potenziale. The Fits, dell’americana Anna Rose Holmer, è l’esempio perfetto di cinema indipendente americano di altissimo livello, nonostante l’esiguità dei mezzi. E non sarebbe una sorpresa se lo si vedesse vincere numerosi premi in giro per il mondo una volta conclusasi la Mostra del Lido.

La storia ruota attorno a Toni (Royalty Hightower), ragazzina di tredici anni atletica e “maschiaccio” a causa dei suoi frequenti allenamenti nello sport della boxe, che pratica con il fratello. La contiguità della sua palestra con quella di un team di danza femminile chiamato “Le leonesse” comincerà lentamente a smuovere i suoi interessi finché, una volta trovate le prime amiche donne, deciderà di intraprendere la danza anche e soprattutto come percorso di accettazione sociale in un mondo, quello femminile, del quale si sente completamente estranea. Contemporaneamente al suo arrivo però inizieranno a verificarsi degli strani casi di attacchi epilettici che colpiranno, ad una ad una, tutte le allieve di danza senza che se ne riesca a scoprire la causa.

Anna Rose Holmer, che viene dal documentario, la scuola ormai in assoluto migliore per chi oggi, costretto a lavorare con budget ridotti come questo, deve imparare a mettere in scena e a dirigere attori completamente esordienti di fronte alla macchina da presa, trova in Royalty Hightower un piccolo prodigio di empatia e fisicità. Uno dei pregi principali di The Fits è infatti proprio quello di servirsi in modo così intelligente dei suoi giovanissimi (non) attori. C’è una naturalezza di fondo, qualcosa che non può essere scritto e che viene fuori non soltanto da precise scelte di casting ma, soprattutto, da un lavoro umano di messa in condizione affinché certi aspetti della personalità di una persona possano venire alla luce.

Ed è proprio nel modo in cui le piccole attrici interagiscono tra loro che è difficile distinguere dove stia il confine tra scritto e non scritto, proprio perché non vi è nessun incatenamento a delle azioni o battute congelate nello spazio e nel tempo ma, al contrario, si inseriscono gli elementi formali della sceneggiatura in un contesto ricreato su misura affinché risulti in tutto e per tutto reale. E l’unico elemento artificiale della storia, quello degli attacchi che danno il titolo al film, riesce quasi per miracolo ad intervenire nella narrazione in modo affascinante e per niente fuori contesto, anzi. Quello degli attacchi diventa un pretesto ancora più interessante per analizzare certi aspetti della vita di queste ragazzine, in cui anche il diffondersi di una malattia diventa un fortissimo mezzo di esclusione sociale.

Un’altra nota di merito del film è rappresentata dall’ottima colonna sonora di Danny Bensi e Saunder Juriaans che trova il suo picco assoluto nella meravigliosa scena finale, capace di regalare, anche e soprattutto grazie all’apporto del direttore della fotografia Paul Yee, emozioni che da sole valgono la visione di questo piccolo grande e indimenticabile film. The Fits è, a conti fatti per chi scrive, il miglior prodotto mai partorito fin ora dal Biennale College e, ad oggi, uno dei film piccoli di quest’anno su cui puntare maggiormente per il futuro. Dita incrociate.

Victor Musetti

Voto: 4/5

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