It Follows insegue la paura senza gesti estremi.
Sembra di essere tornati agli anni di John Carpenter e Halloween con It Follows. Le atmosfere sono simili e il terrore neanche si allontana dal classico con Michael Myers, ma decenni di differenza si possono sentire in un particolare fondamentale: David Robert Mitchell non racconta la società, si ferma all’orrore puro e questi non sempre raggiunge la vittima predestinata. Il cinema si è messo un passo indietro rispetto alla realtà e racconta il male puro con la distanza di chi non sa più riconoscerlo.
La solita routine
Jay è una ragazza qualunque con amici qualunque in una cittadina qualunque. Spendono serate davanti alla televisione, giocando ai videogame, pianificando uscite e bevendo fuori al portico.
Come ogni adolescente della sua età insegue il sogno di un fidanzato e Hugh è il tipo perfetto, quello giusto per la sua prima volta. E da lui verrà rapita, per una buona egoistica causa: qualcuno gli ha passato un male, un virus. Una figura sempre diversa, lo insegue lentamente per catturarlo.
L’unico modo per liberarsene è trasmetterla ad altri, ma per farlo deve passarlo sempre attraverso il sesso e Jay è la nuova vittima di questa inarrestabile entità in cammino verso chiunque porti in sé un bersaglio. Cosa dovesse accadere se arriverà a prendere Jay, Hugh o chiunque altro ne sia affetto è impossibile capirlo fino in fondo.
L’effetto principale è la pazzia, la disperazione e l’incapacità di fidarsi del prossimo, una bella semplice metafora da vendere ai ragazzi che con troppa facilità aprono il proprio mondo agli altri. Vuoi si tratti del proprio corpo, vuoi della persona.
Mitchell ha scarsi mezzi a disposizione utilizzati tutti al massimo delle loro potenzialità: le figure in avvicinamento sempre più inquietanti, da anziani dallo sguardo spento a uomini di due metri, per fare poi uso di familiari stravolti nell’aspetto con cui erano consueti presentarsi. E se non bastasse il miglior attrezza nel suo bagaglio è Richard Vreeland, alias Disasterpeace, l’autore della colonna sonora che farà da accompagnamento musicale ai vostri incubi, grattando contro lo schermo.
La regia vince esponendo e non nascondendo, usa effetti quando necessario e lo fa ad occhi aperti, il montaggio non arriva a interrompere il discorso di Mitchell con stacchi inopportuni. L’occhio segue l’inseguito e l’inseguitore, in particolare il secondo, a volte direttamente, altre incastonandolo negli angoli giusti dell’inquadratura, lasciando intendere dove lo sguardo dello spettatore deve cadere.
È una guida notevole, sia sul fronte registico che narrativo – sua anche la sceneggiatura – aiutata da un cast che definire eccellente non gli renderebbe giustizia: chiamarlo corretto è la parola migliore.
Maika Monroe, già apprezzata nellottimo thriller-horror The Guest di Adam Wingard al fianco di un terrificante Dan Stevens, è la giusta vittima per l’orrore di It Follows. Non è mai sopra le righe, credibile dal primo all’ultimo minuto come semplice ragazza di provincia senza talenti particolari o un cuore d’oro come non se ne sono mai visti. Maika/Jay e la sua combriccola di amici sono le cavie con cui è possibile provare una forma di empatia e, come capita sempre più di rado, per cui vale davvero la pena di tifare invece di augurarsi il peggio.
Il finale lascia spazio all’immaginazione, Mitchell offre lo scettro al pubblico: è più spaventoso sapere cosa potrà mai accadere ai ragazzi oppure rimanere eternamente nel dubbio? Non avremo mai una risposta reale perché la domanda stessa non si ha il tempo di formularla che arriva Disasterpeace a ricordarti che qualcuno potrebbe entrare in casa dalla finestra. È un virus e come molti di essi non ha un volto con cui confrontarsi direttamente.
E da oggi, con Mitchell, tornerete a voler tenere le luci accese la notte. Forse capolavoro è troppo, ma It Follows è uno dei migliori horror in circolazione.
Fausto Vernazzani
Voto: 4.5/5