Dall’Attimo fuggente a Il papà migliore del mondo resta il sorriso contagioso di Robin Williams.
La più grande paura di Lance Clayton (Robin Williams) è quella di finire solo come un cane. È lui a rivelarcelo, con l’espediente della voce fuori campo, nell’incipit de Il papà migliore del mondo.
Lance insegna poesia nel liceo del figlio ma il suo più grande sogno è diventare scrittore. Ha provato a pubblicare articoli, saggi e libri ma tutti sono stati respinti. Ciò che realmente gli interessa (parola sua) non è tanto il riconoscimento del suo talento bensì il consenso dei lettori.
In realtà non riesce neppure a suscitare l’interesse del figlio Kyle, un adolescente apatico e introverso che passa tutto il tempo a consumare porno sul web e a trastullarsi osservando l’attempata vicina. Sarà proprio uno di questi goffi tentativi di autoerotismo a togliergli la vita e paradossalmente ad aiutare suo padre a ottenere la popolarità sperata. Ma soprattutto a smascherare l’ipocrisia dilagante: quella dei compagni di classe di Kyle che prima della sua morte lo ignoravano e improvvisamente si stringono attorno al padre, tutti interessati ai gusti letterari e musicali del coetaneo scomparso, al suo segno zodiacale, ai suoi sogni per il futuro.
Ho scoperto Robin Williams grazie a L’attimo fuggente. Fu un’amica a consigliarmelo, lei lo aveva visto con la scuola al cinema, io mi accontentai di una visione casalinga, sul mio scassato videoregistratore. L’effetto fu comunque dirompente: la regia epica eppure misurata di Peter Weir, il giovanissimo Ethan Hawke, ma soprattutto lui, l’indimenticabile professor John Keating. Perché è vero, ora tutti parlano dei bicipiti del sexy docente italiano a Londra che sta mandando in tilt il web, ma negli anni Novanta il professore che tutti sognavano era Keating, un insegnante capace di dare respiro alla poesia strappandola dalle pagine dei libri. Ma soprattutto capace di tirare fuori da ogni studente la preziosa individualità.
Sto uscendo di tema, direbbe la mia professoressa di lettere delle superiori, ma non mi è possibile non citare quel film anche parlando de Il papà migliore del mondo. Lance Clayton non è poi così distante dal professore sensibile e premuroso de L’attimo fuggente. Nel film di Bobcat Goldthwait Williams è uno scrittore fallito ma soprattutto un padre che un lunedì come tanti scopre il figlio masturbarsi davanti al computer. E quando prova a parlarne a viso aperto con lui, Kyle rifiuta di affrontare la questione, tenendo il padre fuori dalla sua vita, un po’ come fanno tutti quanti: da Claire, la collega con cui esce di tanto in tanto, al preside del liceo che non sembra apprezzare particolarmente il suo lavoro.
Quando Kyle muore, Lance per proteggerlo prende una strada che lo porterà a mentire a tutti. E così il gioco (doloroso) inizia a prendergli la mano facendogli sfruttare la pietà (pelosa) del prossimo per trarne dei vantaggi. E Kyle, in vita così insignificante agli occhi dei più, tutto d’un tratto diventa immensamente popolare. E con lui suo padre. Che forse può addirittura sperare di diventare un affermato scrittore. È così che la commedia di Bobcat Goldthwait (era lo strampalato poliziotto Zed nella serie cult Scuola di polizia) diventa altro da quello che ti aspetti, di sicuro non la solita commedia melensa sul senso di perdita ma una dissacrante satira sulla società. Un’ora e trenta minuti che passano in volata e che offrono a Robin Williams uno dei ruoli più riusciti (e meno macchiettistici) della sua carriera.