Exodus - CineFatti

Exodus – Dei e re (Ridley Scott, 2014)

L’esodo degli ebrei secondo il magnifico occhio di Ridley Scott.

Un anno fa uscì nelle sale una delle commedie più divertenti degli ultimi anni, Noah di Darren Aronofsky. Chiaro che le sue intenzioni erano tutt’altre, ma il biblico suscitò più risate che commozione dinanzi all’ammodernamento delle avventure acquatiche di Noè.

Un simile ritorno alle sacre scritture sul grande schermo non poteva che creare diffidenza verso progetti simili, a maggior ragione se alla regia vi è uno dei più discontinui, Ridley Scott. Tant’’è che il destino ha macchiato entrambi, lasciandoli a bocca asciutta al botteghino. Ma ignorare Exodus –- Dei e re sarebbe un errore.

Mosé in Fast Forward

La storia la conosciamo tutti e pertanto non c’è bisogno di dilungarsi. Mosè è generale alla corte del Faraone Seti, cresciuto come un fratello dell’erede al trono di Egitto, Ramses, finché un giorno non si scoprono le sue vere origini. Mosè è un trovatello ebreo, uno schiavo, e pertanto non c’è posto per lui al fianco del nuovo volubile faraone.

È giusto non soffermarsi troppo sulla trama anche per un altro motivo, lo stesso che il più delle volte spinge una gran fetta del pubblico a non sopportare Scott: la sceneggiatura frettolosa motiva le azioni dei personaggi con semplici gesti, istanti nella vita di un uomo ne cambiano per sempre il corso, lasciando lo spettatore senza un tempo sufficiente per ragionare sugli eventi che si susseguono.

Una visione celestiale

Possiamo però scegliere di non fare troppi capricci. Il testo, scrittoanche dal premio Oscar Steven Zaillian, è (anche se a malapena) sufficiente per reggere quel che è invece il più grande pregio di Ridley Scott: un talento mastodontico nella costruzione di un impianto visivo che sfrutti ogni pregio dell’arte cinematografica.

Exodus: Gods and Kings è un capolavoro in termini d’immagine, la fotografia di Dariusz Wolski e la regia di Scott raccontano l’esodo degli ebrei con quadri splendidi dove dominano l’oro dell’Egitto e il blu dove si rifugia il Dio degli giudei. Una palette che narra meglio di qualunque dialogo, schiavi immersi nella sabbia, schiacciati dall’ocra delle piramidi, ricoperti della sporcizia in cui sono costretti a vivere, finché non arriva in loro aiuto Mosè, con la purezza dell’acqua, e il loro Dio, a coprire l’oro con un temibile e rassicurante blu, giorno e notte, sino alla conquista della libertà.

Christian Bale il perfetto

Exodus fallisce perché non completo, vince perché Cinema puro. Potremmo, infatti, vederlo togliendo l’audio e seguire la storia solo con le immagini, entro cui il protagonista Christian Bale si rivela il solito gigante della recitazione che è sempre stato, dando vita al suo personaggio con un corpo in continua mutazione.

Una interpretazione come sempre memorabile. Lo stesso non può dirsi di Joel Edgerton, Ramses, così poco adatto, sotto ogni punto di vista, a vivere il suo odiabile ruolo, né degli altri comprimari, con parti tanto piccole da chiedersi come mai la produzione abbia voluto evitare di cercare più di verità/varietà ingaggiando attori quanto meno senza gli occhi azzurri di Aaron Paul o la pelle chiara di Sigourney Weaver. Che abbiamo contro attori come Riz Ahmed e Tahar Rahim?

Sono dettagli, anche se non trascurabili. Cercare realismo in una storia senza prove accertate – per non dire di fantasia – è una pretesa eccessiva e, pertanto, meglio godersi le piaghe d’Egitto come non le avete mai viste. La corsa sui fondali del Mar Rosso senza aperture sensazionali, solo con la forza della corrente, alligatori assetati di sangue e via discorrendo. Exodus merita più di uno sguardo. Quando arriverà il DVD saremo tutti lì ad ammirare col fermo immagine le capacità di Ridley Scott e, in conclusione, se non altro, ad apprezzare il gesto finale, una dedica a suo fratello Tony, maestro del cinema d’azione suicidatosi l’estate del 2012. Lode a entrambi, due Maestri del Cinema.

Fausto Vernazzani

Voto: 3.5/5

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