The Hunger Games: Il canto della rivolta, Parte I (Francis Lawrence, 2014)

di Fausto Vernazzani.

Una cosa è certa: ora potranno smetterla di accostare The Hunger Games al giapponese Battle Royale. Il paragone era impossibile da evitare, ma ora che siamo arrivati alla prima metà del terzo capitolo la saga cinematografica nata dalla penna di Suzanne Collins inizia finalmente a camminare sulle sue gambe: niente più giochi per Katniss Everdeen, il ruolo che ha trasformato la giovanissima Jennifer Lawrence in una delle star più amate e ricercate dei giorni nostri. È il momento di intonare Il canto della rivolta, titolo italiano di The Hunger Games: Mockingjay, Part I, per evitare la sfortunata traduzione di mockingjay, ghiandaia imitatrice, una grattata di unghie sulla lavagna ogniqualvolta uno dei doppiatori è costretto a chiamare la protagonista con un nome così poco “romantico”.

Gli eventi di The Hunger Games: La ragazza di fuoco hanno creato una spaccatura tra i 12 distretti e Capitol City. Un gruppo di ribelli bene organizzati si è rivelato mettendo in salvo Katniss e alcuni dei suoi amici coinvolti nell’edizione commemorativa dei giochi, separandola dal suo compagno Peeta/Josh Hutcherson, rimasto indietro. Ora Katniss è nel Distretto 13, creduto distrutto 75 anni prima da un attacco di Capitol City, dove governa un sistema democratico guidato Alma Coin/Julianne Moore, a cui fa da consigliere Plutarch Heavensbee/Philip Seymour Hoffman, il quale inizia una campagna pubblicitaria per infiammare i cuori dei cittadini di Panem (il nome della nazione immaginaria) contro il Presidente Coriolanus Snow/Donald Sutherland. Al fianco di una sconvolta Katniss vi saranno ancora Amich/Woody Harrelson ed Effie/Elizabeth Banks, ma soprattutto il suo amico più caro Gale/Liam Hemsworth.

Il fascino della saga cinematografica si reggeva molto sullo scontro all’ultimo sangue tra dei ragazzini violenti in preda al panico, ora tutto questo viene meno: i giochi in realtà si traspongono nella realtà esterna all’arena, i distretti sono alleati contro Capitol City e Panem tutta diventa un campo di gioco. Ma a spazi più grandi sono corrisposti combattimenti più radi e al regista Francis Lawrence è toccato scommettere solo ed esclusivamente sul dramma, sul triangolo amoroso e la lotta interiore di Katniss/Lawrence per il lontano Peeta, sopravvissuto e condizionato da Snow, dando all’intera tragedia un tocco à la Star Wars. I ribelli contro l’Impero Galattico, contro il potere oscuro della forza.

The Hunger Games non è mai stata una saga mal gestita, la regia l’ha sempre ben trattata e Lawrence col sacrificio ci sa fare (Constantine, Io sono leggenda), è la storia adesso a giocare il trucco meschino contro di essa, la serietà mostrandosi senza un solido momento topico si mantiene in piedi solo sugli aspetti meno coinvolgenti. L’adrenalina cede il passo a una dose di lacrime in crescita, il triangolo amoroso prende piede, il conflitto tra volontà e dovere svanisce, inserendo Harrelson e Blanks nei panni di un ricordo. Hoffman è chiamato insieme alla Moore, e alla nuova “recluta” regista Cressida/Natalie Dormer, a fare da spalla alla Lawrence e come suo solito ruba la scena, ma essa stessa è priva di pathos, lasciandolo con in mano un pugno di mosche.

Non che The Hunger Games: Mockingjay, Part I sia un brutto film, nossignore, è che dall’amalgama di concetti e ambientazioni prese qua e là emergeva un solido prodotto filmico, pur essendo privo di una propria originalità. Se c’è qualcosa che però differenzia questa prima parte del terzo ed ultimo capitolo è la messa in evidenza della protagonista come uno strumento e non solo come eroina fragile ma combattiva, si arriva a trasformare la propria salvatrice come ragazza immagine per una rivoluzione, senza che essa abbia voce in capitolo.

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