CineKing: il cinema e Stephen King, oggi (#3/Novembre)

di Francesca Fichera.

Stephen King: più che a cinema e televisione, nell’ultimo mese il suo nome è stato collegato molto spesso, e di nuovo, ai libri. “Tutta colpa” dell’uscita di Revival, il suo romanzo più recente, nonché ritorno annunciato all’horror puro – ma per provarlo gli italiani dovranno aspettare marzo 2015; a meno che, naturalmente, non conoscano bene l’inglese. Nel frattempo, e dopo l’aggiornamento di ottobre, qui su CineFatti ci si è dati da fare per riempire l’attesa, guardando alcuni tra i film che le produzioni internazionali hanno già concesso al pubblico e informandosi su quelli ancora a venire. Abbiamo perciò visto e recensito Mercy, un horror mediocre tratto dal racconto La nonna (Scheletri), e stiamo aspettando di poter mettere le mani su Maxicamionista (da Notte buia, niente stelle), film tv desunto da un’altra narrazione breve, nella cui forma – come sappiamo – King  tende spesso a dare il meglio di sé, e c’è quindi solo da verificare se la versione per lo schermo è o meno all’altezza.

Poche comunque sono le novità per quanto riguarda il futuro dei prodotti cinematografici ispirati all’opera kinghiana. Come si diceva il mese scorso, sono arrivate le conferme della versione televisiva di 22/11/63, per la produzione della Bad Robot di J. J. Abrams e la distribuzione a cura di Hulu e Warner, e (purtroppo) della terza stagione di Under The Dome, per la CBS e sotto l’egida di Steven Spielberg insieme con Extant, altra scialba serie di genere fantascientifico – e non solo secondo chi scrive ma anche per un mare di critica e pubblico, a discapito delle decine di milioni di spettatori: il successo non fa la qualità allo stesso modo in cui non la esclude. Detto questo, si sa anche quanto s’è parlato e straparlato dell’adattamento di The Stand (L’ombra dello scorpione) realizzato da Josh Boone, dell’opera mastodontica che potrebbe venirne fuori e di come King in persona ne sia oltremodo entusiasta. E si è discusso in egual misura dell’intervista apparsa su Rolling Stonedove il caro vecchio zio ha dimostrato di averne per tutti senza risparmiare nessuno, e grazie alla quale sono spuntati come funghi i detrattori del documentario Room 237 – sul ‘dietro le quinte’ dello Shining kubrickiano, insieme con The Making of The Shining della figlia Vivian – verso il quale King ha reindirizzato nuovamente tutto l’odio nutrito per una delle trasposizioni d’autore più celebri di un suo romanzo. (Però, ragazzi, ad alcuni di voi quel doc piaceva, io me lo ricordo, nda)

Stephen King and The Simpsons

D’altra parte la sincerità è un’arma a doppio taglio, e come King ha sparato a zero contro la famiglia Kubrick per via di Shining – da lui definito anche un film misogino a causa della rappresentazione parecchio distorta del personaggio di Wendy – e su Ernest Hemingway per il suo modo di scrivere, si è pure riservato qualche momento di dolcezza e di saggia autocritica citando lo svarione della sua fulminea carriera da regista, il quasi comico Brivido (Maximum Overdrive), ed eleggendo Stand By Me – Ricordo di un’estate di Rob Reiner a migliore film mai tratto da un suo scritto:

è fedele al libro, e questo perché ne ha colto l’elemento emozionale. È commovente. […] Doveva essere una di quelle cose che appare in sei cinema al massimo e poi sparisce. E invece si è diffuso a macchia d’olio. Quando la proiezione è finita, ho abbracciato Rob Reiner perché ero profondamente commosso, c’era molto di me in quel film.

Ma non sono escluse le pellicole firmate da Frank Darabont, come Le ali della libertà Il miglio verde, e l’altro lavoro di Rob Reiner, il ben più crudo Misery, cui fa compagnia Dolores Claiborne per una godibile doppietta di Kathy Bates. Mentre sull’argomento serie tv, di cui King è noto estimatore a prescindere dai legami con la sua opera e la sua persona, è stato fatto il nome di The Shield – segno di un “cambiamento sismico” della televisione, a suo dire – accanto a The Walking Dead e, soprattutto,  Breaking Bad, giudicato da King “il migliore show televisivo degli ultimi 15 anni” (diciamo che qui può anche scattare l’applauso).

E i progetti per il futuro?

(Non sottovalutare le conseguenze dell’orrore. Sì ok, però veniva facile!)

Incubi nel cassetto: i(l) film in cantiere

Stephen King's The Man Who Loved Flowers

L’unico orizzonte dove s’intravede qualcosa di nuovo è quello di Estacada, in Oregon, località scelta per le riprese di The Man Who Loved Flowers (L’uomo che amava i fiori), dalla raccolta A volte ritornano. Il film, un cortometraggio indipendente (di cui peraltro già esiste una versione amatoriale), vede la regia del docente e documentarista Justin Zimmerman e la piena approvazione dello script da parte dell’autore letterario. Un adattamento che a quanto pare s’impegna a stravolgere parzialmente il racconto originario – e cioè la storia di un uomo che passeggia per la Third Avenue in una sera del 1963, acquistando fiori in maniera compulsiva per la sua amata Norma… con i soliti ‘però’ e risvolti da incubo. Fa tremare l’idea che a King la sceneggiatura sia piaciuta nonostante i cambiamenti previsti – o forse proprio grazie a quelli – ma fa altrettanto ben sperare l’entusiasmo di Zimmerman, oltre alla sua dichiarazione d’intenti: “sarà come se David Lynch stesse dirigendo una soap opera”. Paura? Curiosità? Qualunque cosa sia in realtà, dovremo attendere i primi mesi del 2015 per scoprirla.

A volte ritornano davvero

Tre cose in appendice, la prima di puro (e non tanto sano) gossip, che piacerà ai fan più maniaci del Re: una delle 23 Plymouth Fury utilizzate da John Carpenter sul set di Christine, fra le uniche due sopravvissute alla lavorazione del film, sarà messa all’asta nel 2015 dal suo proprietario, il ricchissimo collezionista d’auto Ron Pratte. L’uomo, residente in Arizona, venderà la macchina insieme con il resto della sua collezione per il valore totale di 50 milioni di dollari; non si conosce (ancora) il prezzo della singola Plymouth targata 1958, ma qualcosa suggerisce che sarà tutt’altro che accessibile.

Stephen King's Christine by Cars

Potete invece cominciare a risparmiare qualcosa per la prima edizione in Blu-ray de La zona morta, adattamento del romanzo omonimo di King a cura di David Cronenberg. Non che qui su CineFatti sia piaciuto tantissimo, Christopher Walken escluso (leggere qui per credere), ma è pur vero che per i kinghiani indefessi questo film rappresenta un must: se non altro perché si unisce alla folta schiera dei Carpenter, dei De Palma e dei Kubrick che hanno restituito al cinema d’autore l’intrattenimento d’autore firmato King. Mai come ora tornato in vetta e mai come ora restio a scenderne.

Ma se a tornare in vetta è L’uomo in fuga – meglio conosciuto come L’implacabile – e nientedimeno con un sequel (The Running Man 2), che succede? Pare infatti che il mitico Arnold Schwarzy” Schwarznegger abbia ripreso i suoi allenamenti di body-building per un ritorno al costumino aderente che lo rese tristemente famoso nella distopia di fantascienza diretta da Paul Michael Glaser, trasposizione dell’omonimo romanzo scritto da King sotto lo pseudonimo di Richard Bachman. Dunque succede questo: che non è bello e non è utile che tutte le cose ritornino. È solo significativo.

Stephen King's The Running Man***

L’ultima immagine è tratta dal blog ilgiornodeglizombi.

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