Maze Runner – Il labirinto (Wes Ball, 2014)

di Fausto Vernazzani.

Che mondo sarebbe senza young adult dobbiamo chiederci, quella sempre più potente fucina di attori da cui escono le star di oggi e di domani (Jennifer Lawrence, Shailene Woodley) e in cui grandi attori interpretano il cattivo di turno. Non sempre hanno successo, non sempre il romanzo alla base riesce a catalizzare nelle sale l’intero potenziale dei suoi lettori e già tante volte abbiamo fatto numerosi esempi di possibili franchise andati a male (Mortal Instruments, Il domani che verrà e via dicendo), ma il nuovo arrivato, segnando così una buona annata per il genere in seguito alla fortuna di Divergent, è riuscito quasi a decuplicare i costi: Maze Runner – Il labirinto, esordio alla regia di Wes Ball tratto dal primo romanzo della saga di fantascienza scritta da James Dashner pubblicato in Italia da Fanucci editore.

Il risultato è il 18 Settembre 2015, data di uscita di Maze Runner: Scortch Trials, il sequel che proseguirà riempiendo il vuoto lasciato da un apertissimo finale in chiusura di Maze Runner. Il titolo spiega da sé l’ambientazione, subito dopo la storica sigla della 20th Century Fox siamo catapultati attraverso un ascensore in una radura circondata da mura mastodontiche, i confini di un labirinto entro cui vive una comunità di adolescenti da tre anni. Alby/Aml Ameen è il leader, guida Thomas/Dylan O’Brien, il nostro protagonista, e gli spiega le regole: vivono in pace, fanno la loro parte, non devono far del male a nessuno e non devono mai, assolutamente mai, entrare nel labirinto. Solo ai velocisti guidati da Minho/Ki Hong Lee è concesso, per mappare e un giorno, chissà, trovare un’uscita. Ma Thomas è il classico protagonista curioso e in pochissimi giorni sconvolge la vita della piccola comunità spingendola verso una risoluzione.

Maze Runner - Il labirinto

Può venire in mente Il signore delle mosche, ma non bisogna lasciarsi trarre in inganno, il romanzo di William Goldling è molto lontano dalla storia scritta per lo schermo da Noah Oppenheim, T.S. Nowlin e Grant Pierce Myers. Siamo in territori confinanti con il cinema degli esperimenti sociali (pensiamo a Das Experiment) trasposto in un futuro imprecisato. Anche se non è esplicito sin da subito, l’idea stessa del labirinto riporta a galla il ricordo di tante immagini di topi da laboratorio costretti a trovar la via di uscita in labirinti costruiti ad hoc. In questo spazio è costruito l’intero primo capitolo, con il classico eroe ribelle. In realtà non c’è una grande novità nella caratterizzazione dei personaggi, tutt’altro, il pericolo è sempre dietro l’angolo se non si è un giovane ragazzo bianco, la svolta è piuttosto nella narrazione entro cui si muovono: al contrario dei “colleghi”, Maze Runner lascia allo scoperto alcuni colpi di scena prevedibili e nasconde quanto ci attende in futuro.

Al contrario di The Hunger Games, Divergent e altri, in Maze Runner è difficile capire dove porta la strada, è logico credere che il finale sarà un classico “e vissero tutti felici e contenti”, ma Wes Ball e il team di sceneggiatori – e l’ovvio soggetto di base – riescono a tenere segreto il come. Ribellione? Capovolgimento? Pentimento? Sono domande a cui non si può rispondere, quanto era chiaro e evidente in altri film (anche se di buona fattura) qui è nascosto dietro il sipario in attesa del prossimo atto. Fino a Scortch Trials e, per chi vorrà, all’acquisto del secondo libro, rimane l’attesa e in una saga non c’è niente di meglio che rimanere sul filo del rasoio. Il suo unico difetto è il non riuscire a creare una sincera empatia con i personaggi, familiari e riconoscibili al termine della pellicola, ma ancora ben lontani dal suscitare quell’affetto che ha fatto sì che altri diventassero delle vere e proprie icone (Lawrence eroina entrata nel Guinness dei primati). Ma questo è “solo l’inizio”, come si suol dire, un ottimo inizio per un regista appena piombato nel mondo dei blockbuster. Di sicuro per Scortch Trials avrà ben più di 34 milioni di dollari: vedremo che ne farà.

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