BFI58: The World of Kanako (Tetsuya Nakashima, 2014)

di Fausto Vernazzani.

Il mondo è spietato oggi come ieri, illudersi di vivere in un’era differente è un errore. Gli eroi non esistono, Confessions ce lo ha insegnato, nel mondo di Tetsuya Nakashima, l’innocenza è sempre più rara e in The World of Kanako non esiste più alcun briciolo di bontà nell’universo: si nasce umani e non pesci, questo comporta un peso da sopportare, un dolore da vivere se usciti dal ventre materno senza branchie né ali.

Akikazu Fujishima è un ex poliziotto, ha lasciato la professione dopo aver pestato l’amante di sua moglie in pubblico, dopo aver ferito a sangue lei stessa, dopo essere stato un marito e padre tremendo. È sotto una cura psichiatrica, nessuna intenzione di ragionare sul pentimento: quando sua moglie Kiriko/Asuka Kurosawa lo telefona per chiedergli aiuto, per dirgli che la loro figlia Kanako/Nana Komatsu è scomparsa, tutto ciò a cui lui pensa è riottenere la sua famiglia, la sua casa, per poter distruggere tutto.

È un violento, un bastardo senza alcuna ombra di dubbio. Ma scoprire il mondo di Kanako gli fa capire che c’è qualcosa di peggio di se stesso: in quel pianeta a lui e a sua moglie sconosciuto c’è quanto di più infamie e crudele esista al mondo. The World of Kanako è un film cattivo: chiaro e semplice. Si racconta con gli occhi di Akikazu senza risparmiare lo spettatore, si mostra attraverso il racconto in prima persona di un ragazzo vittima di bullismo e innamorato di Kanako: in entrambi i casi ci si avvicina alla verità. Quella che nei film non viene mai detta, quella che non cerca scuse.

The World of Kanako

Nakashima fa strage, l’Akikazu di un immenso Koji Yakusho è come un polpo sbattuto sullo scoglio che non vuole morire. Gronda sangue, è una mostra itinerante di lividi e tumefazioni, una bestia allo stato brado verso cui è possibile provare esclusivamente disgusto e pietà. Neanche il tocco giocoso ripescato dai fasti pre-Confessions – il cui stile registico sopravvive nel terribile racconto di Hiroya Shimizu -, quel gore esagerato, quelle caricature umane (Satoshi Tsumabuki e Joe Odagiri risplendono), riescono ad alleggerire l’orrore, la rivelazione di cui far parola è caldamente sconsigliato, ma che piano piano si insinua nella testa dello spettatore partecipante.

Non è Taken, non è la solita vendetta contro dei rapitori qualsiasi: The World of Kanako è una discesa nella mente di una e più persone di una malvagità inaudita, surreale, eppure vera come lo erano le morali in fondo alle fiabe di un tempo. Sono solo raccontate senza zucchero, spezzate col dolcificante sotto forma di parole/immagini da show pulp di puro intrattenimento, grottesche. Ma c’è di più, c’è il prendersi responsabilità delle proprie azioni, sia compiute che incompiute, di comprendere se stessi usando come specchio le generazioni a cui abbiamo lasciato in eredità quanto abbiamo toccato. E le mani a cui tutto questo è rimasto sono intrise di sangue. Nakashima si conferma un regista straordinario.

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