Cold Eyes, occhi freddi nel cielo azzurro.
Nel 2007 Yau Nai-hoi, dopo anni di esperienza come sceneggiatore, ebbe l’onore di debuttare alla regia con Johnnie To a produrre il suo thriller Eye in the Sky con protagonisti Simon Yam, Tony Leung Ka-fai e la bella e giovane Kate Tsui.
Non passò inosservato, tant’è che in Sud Corea Jo Ui-seok, sceneggiatore e regista di piccoli film di non grande successo, e Kim Byung-seo, direttore della fotografia di Castaway on the Moon e altri, si unirono per girarne un remake, Cold Eyes.
L’anima è negli occhi
Il ruolo di Yam passa nelle mani di Sol Kyung-gu – l’urlo in Peppermint Candy resterà negli annali della storia del cinema – detective capo della squadra speciale delle forze dell’ordine, superiore della nuova e inesperta Han Hyo-joo, a caccia del glaciale Jung Woo-sung, un tempo il Buono del western di Kim Ji-woon.
Un cast di prima qualità e dal carisma magnetico al servizio di un remake che prova a innovare l’originale passando dalla presenza fisica degli “occhi nel cielo”, le videocamere che tutto vedono e tutto ascoltano, al teorizzarle come occhi senz’anima, freddi.
Il caso da risolvere sfruttando il panopticon costruito nella capitale sud coreana, è una rapina in banca così ben organizzata da lasciare uno strettissimo margine di movimento alla squadra guidata da Hwang (Sol Kyung-gu), intenta a studiare il solo indizio che potrebbe portarli a incrociare lo sguardo freddo, ma vivo, di James (Jung Woo-sung).
Il futuro presente
Il duo registico circondano l’intero cast con una dominante azzurrina che tende al futuristico, conferendo a Cold Eyes una vaga connotazione fantascientifica e la qualità di uno spot televisivo dedicato all’eccellenza delle forze dell’ordine. Coraggiose, motivate a fare il proprio lavoro a costo condurre una vita priva di contatti umani.
A questa visione corrisponde in pieno la caratterizzazione dei personaggi, delineati con uno schiocco di dita, personalità nude di fronte allo spettatore che li riconosce a partire dal trucco, dal taglio di capelli e dai costumi, trasformando lo spettatore stesso in un osservatore capace di riconoscere sin da subito buoni e cattivi.
Lo spettatore onnisciente non è un caso, Jo Ui-seok e Kim Byung-seo seguono la più classica delle lezioni di Alfred Hitchcock sulla suspense, moltiplicando la tensione quando la differenza tra noi e i buoni è sempre più evidente, desiderosi di scoprire come il team di Hwang riuscirà a catturare il freddo James.
L’empatia contro il freddo
Formiche ai nostri occhi affacciati alle finestre fredde delle videocamere, due ore attraverso i Cold Eyes in cui vi è poco spazio per la noia e le distrazioni. Il ritmo è serrato e l’occasionale dose di ironia aumenta il contatto empatico alleggerendo i momenti drammatici e creando sintonia con gli scopi dei protagonisti.
Un eccellente prodotto di intrattenimento, anche per gli standard altissimi del cinema coreano, in questo momento con quattro nomination agli Asian Film Awards, per i non protagonisti Han Hyo-Joo e Jung Woo-sung, la fotografia dello stesso co-regista Kim Byung-seo e Yeo Kyung-beo, e il montaggio di Shin Min-kyung.
Fausto Vernazzani
Voto: 4/5