Bug, la follia sottopelle.
Nella fortunata serie di film compiutamente claustrofobici, Bug – La paranoia è contagiosa non demerita affatto, e per questo basterebbe citarla come dissertazione sul tema del regista de L’esorcista William Friedkin.
Certo di questo film molto chiacchierato (ma che resta un cult per soggetto e ambientazioni) se ne può parlare infinitamente bene o fastidiosamente male, tale è l’estremismo della regia e della trama, che approda senza ritorno nel cuore della follia paranoide, ed è così che Bug, basato su un testo teatrale di Tracy Letts, potrebbe ben dirsi opera di un Cronenberg d’annata.
Preferisco star qui a parlare di insetti con te, piuttosto che non parlare di niente con nessuno.
La storia, convulsa e inesprimibile per l’approdo finale: Agnes (Ashley Judd) dopo aver perso il figlio ed essersi separata dal marito violento e pericoloso vive la sua solitaria sconfitta di donna in un motel nel deserto degli States, con un lavoro da barista e investendo lo stipendio in vodka e cocaina.
Conosce Peter, un ex marine bizzarro e impacciato, che spera possa essere l’uomo giusto con cui rifarsi una vita e a cui offre la propria solitudine. Peccato che Peter sia convinto di essere un esperimento della CIA che ha introdotto degli insetti nel suo corpo dopo la guerra del Golfo.
https://www.youtube.com/watch?v=UKWii49vX9E
Se Agnes inizialmente dubita dei racconti di Peter, ben presto entrerà in un ginepraio di cospirazioni internazionali, frequenze radio sottocutanee e assurdi sistemi di difesa, vittima partecipante della sua psicosi attraverso scarnificazioni, amputazioni, omicidi, fino all’allucinato riscatto finale.
Un tour de force visionario e perturbante
Senza mai cadere nella volgarità gratuita, Friedkin mette in scena un tour de force visionario e perturbante, appiccicando la telecamera ai volti sconvolti, la pelle lacerata, i dettagli domestici oggetto del contagio indicato nel titolo italiano, dagli onnipresenti insetticidi alla sporcizia accumulata, fino a un fantascientifico utilizzo della carta stagnola, che trasforma l’illuminazione a neon in metafisica luce lunare (fiore all’occhiello di una fotografia strepitosa).
Straordinaria poi la prova recitativa di Michael Shannon (Revolutionary Road, Onora il padre e la madre), che trasforma un corpo maschile oggetto dei complimenti di Agnes in ibrido abisso, al contempo vittima e carnefice, teatro oppresso dalla mente di Peter.
Bug segue il ritmo della sua follia, con una prima parte dolorosamente esistenzialista in cui due vite fatte a pezzi dalle circostanze provano goffamente a rimettersi in sesto e una seconda parte dedicata al climax schizofrenico con carne insostenibilmente macerata, ma che proprio nell’autodistruzione trova l’unica via di liberazione dal contagio inarrestabile della follia umana.

Un pensiero su “Bug – La paranoia è contagiosa (William Friedkin, 2006)”